Napoli

Blindarsi sarà sempre di più la parola d'ordine, tanto per chi governa un paese quanto per tutti quelli che oggi (ancora) svolgono un lavoro che ha a che fare con i reali bisogni e le vere aspettative della gente. Tranquillizzatevi, sono sempre meno quelli che conservano  frammenti di autentica comunicazione col mondo esterno, e quei pochi che continuano a farlo spariranno progressivamente, come una specie in estinzione. Eggià, perchè è l'uomo - ovviamente quello con l'ultima vocale dell'alfabeto in maiuscola - il vero oggetto dello spopolamento, se non della decimazione degli "individui che incrociandosi tra loro generano potenzialmente una prole illimitatamente feconda", e quei pochi esemplari che si aggirano ancora liberi (di cuore e di testa) per il pianeta si guarderanno bene dall'esporsi in prima persona, con tanto di nome e cognome e (perfino) una faccia vera (non un suo surrogato grafico), casomai perfino sorridente. Avremo così un mondo provvisorio - per qualcuno addirittura estemporaneo - in cui pontificare, rilasciare giudizi di abissale stupidità ed emettere sentenze (quasi sempre di condanna), tanto nessuno verrà a cercarci sotto casa, al lavoro, sulla mail o al telefono. Semplicemente non esisteremo.

A nessuno importerà chi siamo o cosa facciamo, solo quello che da una realtà indefinita dichiariamo, filmiamo o presumiamo. Fino al prossimo profilo, nick name o nuvoletta in cloud dove imbalsamarci, rifugiarci, qualificarci o (fintamente) aggregarci. E guai a dare ancora fiducia a chi ci telefona, attenzione a quello che dichiariamo. Qualcuno prima o poi ci registra, che sia un comico russo - qualche politico dovranno pur sfottere non potendo farlo in casa propria - o un riccone di turno che assicura benefit e case vita natural durante a signorine impaurite dal lupo cattivo.

Insomma, in questa realtà sempre più volgare e virtuale, senza un domani tangibile perchè tutto accade più che mai da remoto, comprese riunioni di lavoro e incontri amorosi, dove qualcuno non visita più pazienti ma si limita a rispondere a mail o fax, dove ci saziamo di ricette di cucina senza prepararne nemmeno una, dove ci laureiamo senza aver mai visto in faccia un professore, in questo malinconico e grottesco sottoscala di vita sociale in cui ci siamo confinati, accade perfino che il premier di un paese, una volta tenuto in debito conto (il paese), faccia dichiarazioni neanche poi tanto avventate, visto il contesto in cui lo stesso presumeva di rilasciarle - nulla sarebbe cambiato se la circostanza fosse stata più sobria e amichevole - e stampa, televisioni e social lo deridano, manco vivessero in Papuasia o sulla luna e quel primo ministro non fosse anche il loro. Io, una volta stigmatizzato quello - già onorevolmente dimessosi - che aveva più di tutti il compito di verificare i "contatti diplomatici esterni" e di conseguenza proteggere la sicurezza mediatica del nostro presidente del Consiglio, mi sarei stretto intorno a chi mi rappresenta, avrei fatto quadrato per difendere credibilità e onorabilità del mio paese, che la persona coinvolta nella spiacevole faccenda fosse di destra o di sinistra, conservatore o progressista, uomo o (perfino) donna.

Ma si sa siamo tutti impeccabili da uno scanno parlamentare a caso o seduti comodamente in poltrona, salvo dimostrare puntualmente il contrario quando siamo poi noi nei posti di comando. Governare un paese, un'associazione o un'azienda richiede lo stesso buonsenso, oltre alla rettitudine e alla coerenza che ne costituiscono comunque presupposti inderogabili. Se il capo del nostro governo dice in privato il contrario di quello che afferma pubblicamente potrà essere tacciato di falsità o millanteria e saranno giuste le critiche che riceverà. Ma se in una conversazione istituzionale, per quanto riservata, con parole meno roboanti e con animo più mesto, enuncia verità che sono sotto gli occhi di tutti, anche di coloro che hanno governato prima di lui e perfino del comandante in capo dell'esercito della nazione occupata su cui verte la conversazione, e qualcuno lo ritiene per questa ragione, in virtù di questo solo argomento, inadeguato al gravoso compito che il popolo italiano lo ha delegato a svolgere, allora il problema non è quella figura politica - presidente della Repubblica, primo ministro, segretario di partito o altro - ma il valore intrinseco degli uomini che lo contestano o, peggio, lo irridono, che, a dirla tutta, meriterebbero, e forse prima o poi avranno, un ologramma a rappresentarli. Almeno quell'immagine tridimensionale sarà, come ormai la maggior parte di noi, sufficientemente artefatta e irraggiungibile da guidare con rigore un popolo di incoerenti, maleducati, falsi (e cortesi) patrioti, fatui difensori di fatue libertà.

Aveva ragione Emil Cioran quando scriveva: "Più facciamo progressi interiori più diminuisce il numero di coloro con cui possiamo realmente comunicare". In attesa di trovare questa entità virtuale - l'incarnazione estraniante sostitutiva - che ci rappresenti nelle istituzioni, al lavoro e (perfino) negli affetti, blindarci sembra sempre di più l'unica possibilità che abbiamo per restare psicologicamente integri e spiritualmente liberi. Del resto, in un modo o nell'altro, lo facciamo già (quasi) tutti e senza che nessuno se ne rammarichi più di tanto.