Avellino

Ci sono  giorni in cui leggiamo cattive notizie o ascoltiamo  “bestemmie culturali”. Ho letto  che  nel 2022, mentre  Napoli ha fatto registrare un record di presenze, annullando lo scarto rispetto  al 2020, Avellino registra  un calo del 15%. Un risultato , che è conseguenza della superficialità  della classe politica e degli amministratori degli Enti locali.

Si ignora che la capacità di attrarre visitatori è uno strumento  importante per fare aumentare il PIL del territorio. Per una città come Avellino tale strumento è vitale, non avendo altre possibilità per aiutare il commercio e la vita sociale. Studiando  il passato politico e amministrativo del Comune di Avellino e dell’Irpinia si troverebbero iniziative che, se imitate, amplificate ed adeguate alle nuove tendenze vacanziere, provocherebbero un’esplosione delle presenze.

Purtroppo, la classe politica non sa nemmeno copiare e dimostra  di aspirare più a diventare “mast’ e fest” rionale  che amministratore responsabile. Gli infiniti incontri, che si stanno svolgendo per organizzare coalizioni  per le elezioni del prossimo anno, dovrebbero essere utilizzati anche per organizzare un programma, avente come obiettivo lo sviluppo sociale ed economico del Territorio. Le notizie giornalistiche ci fanno ricordareTroisi e ripetere “Non ci resta che piangere”. 

Al Circolo della Stampa c’è stata la presentazione del libro di Carmelo Conte, “Vento del Sud”. Oltre all’autore, Modestino  Acone e Del Basso De Caro, parlando del libro, si sono sforzati di apparire difensori del Sud. Il titolo del libro mi spingeva a cercare la qualità del Vento e le proposte che lo compongono.

Ho ascoltato solo richiami a noti meridionalisti, critiche generiche ai settentrionali e all’Autonomia differenziata. Non poteva mancare il richiamo a Guido Dorso e la ripetizione della sua invocazione “Ci vogliono 100 uomini d’acciaio”, che per me è “una bestemmia  sociologica”.

Di proposte utili, nemmeno l’ombra. Si è avuta  la dimostrazione  che la maggioranza dei politici meridionali parla del Sud  senza conoscere la cause del suo sottosviluppo, che sono culturali e sociologiche, da attribuire ai meridionali, non ad altri.

I 3 relatori non hanno pronunciato  i nomi di Rossi-Doria e di De Sanctis, che sono tra i pochissimi ad essersi comportati da  veri meridionalisti e con ragionamenti e con proposte, che attendono di essere concretizzate.

I tre oratori, con un passato da socialisti, hanno occupato cariche ed avuti incarichi importanti. Se avessero avuto amore per il territorio e le conoscenze adeguate, avrebbero potuto provocare  sviluppo ed emancipazione sociale del Meridione in generale e del  territorio, che li aveva eletti, in particolare.

Sembravano rappresentanti del PD e dei 5Stelle. La cosa che più mi ha impressionato è l’aver sentito parlare del rapporto Nord-Sud, come se l’economia del nostro Paese avesse ancora le caratteristiche degli anni della Prima Repubblica, con il settore  industriale, che occupava il 76% dei lavoratori e con la triade bancario –assicurativo-finanziario ancora come settori di servizio.

Bisognerebbe  conoscere le trasformazioni avvenute in campo economico, i cambiamenti  nei rapporti tra gli Stati, l’aumento  dell’importanza del mercato sugli Stati, la riduzione dell’influenza dei  valori  morali e della solidarietà, per costruire proposte e per poter dare un contributo a costruire un futuro degno di fiducia.

Ciononostante, il giorno passò.