Al girone degli art(r)isti appartiene chiunque nutra un amore per l’arte palesemente incorrisposto, accompagnato da impulsi creativi irrefrenabili paragonabili solo a certi disturbi del coito o della minzione. Ne fanno parte soprattutto coloro che si svegliano un bel giorno all’improvviso, in preda a quel tipo di delirio demiurgico che porta a non saper più distinguere tra la Cappella Sistina e un corso di découpage.
Nulla al mondo è più generico e presuntuoso che, alla domanda: “Che fai nella vita?” rispondere: “Faccio l’artista”. Chi stabilisce chi o cosa è un artista? La sua prematura scomparsa, la storia, il mercato, il curatore di turno meglio ammanigliato, o tutti questi fattori messi insieme? E poi, artista si nasce o si diventa? Si è o si fa? L’artista è una missione o un mestiere? Se è una missione, qual è il suo scopo essenziale? Se è un mestiere, deve presupporre necessariamente formazione, disciplina, tecnica, deontologia, esercizio e perizia? Domande che non hanno qui né la pretesa né la voglia di essere approfondite.
La verità è che gli artisti sono persone né migliori né diverse né tantomeno più interessanti delle altre; sono al massimo individui che, in virtù di una libertà d’espressione che pretendono assoluta, troppo spesso amplificano a dismisura pregi e difetti che chi non è artista (per sua disgrazia o sua fortuna) tende ogni giorno a nascondere o a mitigare. Raccolgo di seguito alcune tipologie di art(r)isti osservate in circostanze e luoghi diversi, ma che si ripetono immutate nel tempo. - L’artista autoreferenziale non ha età né sesso. Non sa cosa vuol dire restare in solitudine ad affilarsi nel dubbio sul suo (eventuale) talento. Al contrario, lo incontri dappertutto, a parlare del suo lavoro anche all’interlocutore più disinteressato, come un venditore logorroico di pentole o materassi che cerca di piazzare la sua mercanzia. Se invitato alla mostra di un collega, passerà il tempo a distribuire a tutti i suoi biglietti da visita o l’invito della sua prossima mostra.
Senza che nessuno gliel’abbia chiesto, comincerà a parlare di quale vip ha acquistato i suoi lavori, delle sue quotazioni in perpetua ascesa, di quale giornale d’arredamento ha pubblicizzato le sue performances, di chi lo chiama di qua, chi di là, oggi a Berlino, domani a Tokyo. Delle sue dirà che sono opere meravigliose, quasi come se non le avesse create lui, ma stesse parlando dei lavori di un altro artista, che idolatra al di sopra di ogni altro al mondo. Definizione per questo artista: carrozzeria eccentrica per un motore a bassissime prestazioni. -Genere di artista di solito maschio, che nella vita ha deciso di immolarsi interamente all’arte. Veste abiti lisi dai colori terrosi, fuma sigari o sigarette artigianali, a volte la pipa, il capo coperto anche ad agosto da un berretto di lana. Se ha 20 anni ne dimostra 60, se ne ha 60 ne pretende 30. In pubblico fa di tutto per mostrarsi defilato: appoggiato in un angolo o seduto in disparte, dove tutti però possono accorgersi che è appoggiato in un angolo o seduto in disparte. Parla poco e a bassa voce, nel patetico esibizionismo dei falsi timidi.
Magari un poco schivo lo è davvero, a causa della sua scarsa confidenza col genere umano, da cui viene puntualmente allontanato. Lui è L’Artista, e gli altri non se ne sono accorti, così come a suo tempo nessuno riconobbe il Messia tra il popolo. Questo individuo non conosce vie di mezzo: o è affetto da stipsi creativa, per la quale produce opere piccole e dure come cacche ovine, o imbratta a dismisura, sepolto vivo da tonnellate di lavori che venera in solitudine e che non mostra a nessuno, perché nessuno secondo lui è all’altezza di comprenderli. Se gli chiedi della sua vita sentimentale ti risponderà che la ragazza lo ha appena lasciato, o che ha da poco chiuso l’ennesimo matrimonio; è che lui di donne non ne vuole sapere perché gli tolgono solo tempo ed energie, e poi nessuna lo capisce davvero. E invece chi lascia lui di volta in volta ha capito troppo bene con chi ha avuto a che fare, e cioè con uno che non è mai stato capace di concludere niente di serio nella vita, addebitando le colpe di ogni sua caduta ora al ‘Sistema’ ora a qualcun altro. Se ha deciso di ‘fare l’artista’ è solo perché una volta non voleva studiare, un’altra non voleva lavorare; non voleva insomma impegnarsi in niente e con nessuno, ecco perché ha sempre fallito miseramente, come uomo prima e come artista poi. E si era pure fatto male i conti, pensando di campare a casa e sullo stipendio di quella che al momento giusto l’ha mandato a scopare il mare.
Otto volte su dieci l’artista eccentrico è un frutto dalla polpa insapore, con una buccia spessa e fin troppo variopinta. E’ convinto che l’artista, per essere veramente tale debba essere disordinato e pure un poco sporco, vivere di notte, bere, fumare, meglio drogarsi, curare poco l’aspetto, oppure, al contrario, essere azzimato anche per andare a comprare una lattuga; essere rigorosamente impuntuale o manchevole agli appuntamenti, non rispettare alcun genere di impegno o di scadenza, e se per puro caso a volte ci riesce ritarda apposta, perché un vero artista non sa che farsene di regole, orologi e calendari. Peccato che nelle opere di questo chiassoso creativo 8 volte su 10 non vi sia non solo nessun chiasso interessante, ma nemmeno un suono flebile a commuovere lo spettatore. Certo, a ciascuno la sua strada, ma questo tipo di artista ignora che ci si schianta più facilmente su una via molto larga senza delimitazione di carreggiate che su un’autostrada segnata. -Quest’altro tipo di artista è di solito una donna giovane che, invece di affrontare un percorso psicanalitico che l’aiuti a risolvere le tare da cui è affetta dall’infanzia, si dà all’arte come forma di catarsi e/o palingenesi, riversando nel suo ‘essere artista’ tutte le avarie che una vita risolta forse non le avrebbe condonato: atteggiamenti fuori luogo, esterofilie linguistiche gratuite, patologie esibite in luogo di virtù assenti, vizi ostentati come parte integrante del suo ‘essere artista’, look trasgressivi o di una pacchianeria provinciale, tipica di chi dispone solo di questo strumento per farsi notare, visto che davanti alle sue opere la maggior parte della gente passa indifferente, se non disgustata.
Ovviamente, anche il concedersi senza alcun riguardo a curatori e galleristi degni di lei, per ottenere recensioni e mostre è parte integrante del suo ‘essere artista’.ù -Resta l’artista che vive in perenne competizione coi colleghi. Lo scopo della sua vita è fare asso pigliatutto di collezionisti, galleristi, curatori ed opportunità in genere. Guai a dare una mano a un amico o a farsi indietro quando è proprio il caso che ad avanzare sia qualcun altro; guai a dividere la parete di una mostra o la pagina di un catalogo. L’ignobile calcolatore egocentrico sarà simpatico con te solo se avrà capito di poter ottenere qualcosa. In caso contrario, ti passerà sopra come un Caterpillar, col sorriso fosforescente dei viscidi. Forse gli art(ri)sti qualche buona occasione nella vita la otterranno pure, ma varrà per loro la frase di Flaiano: “La Fama si decide ad andare a letto con loro per stanchezza, una volta sola, per levarseli dai piedi”.
Accanto a questa ciurma di grotteschi figuri esiste per fortuna un genere di artista che è anzitutto un genere di persona a cui tutti (artisti e non) dovremmo forse un poco somigliare: una creatura attenta e profondamente generosa che crede nel dono come in un viaggio solo andata, che si emoziona e si sorprende per ogni cosa, che tiene e che spera in ogni direzione come un albero, che accoglie e cura restando schivo; uno che ti dà il benvenuto in casa sua, scalzo, nascosto dietro la porta. Non basta una vita.
di Eliana Petrizzi