l virus SarsCoV2 responsabile della pandemia di Covid-19 può sopravvivere sulle superfici di plastica fino a 48 ore: lo indica la ricerca italiana sulle vie di trasmissione indirette del virus, pubblicata sulla rivista Emerging Microbes & Infections e condotta dal Ceinge Biotecnologie Avanzate Franco Salvatore e dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno.
"Nel lavoro è descritta la vita media del virus su diversi materiali", dice Federica Di Maggio, del gruppo del Ceinge diretto da Franco Salvatore, fondatore del Centro ed emerito dell'Università Federico II di Napoli. Per l'Izsm ha partecipato il gruppo di Giovanna Fusco, responsabile del dipartimento di Sanità Animale dell'Istituto. "Sulla plastica ad esempio - osserva Di Maggio - il virus sopravvive fino a 48 ore. Pensiamo a quanti oggetti di uso comune, anche i giocattoli dei bambini, sono di plastica. Riteniamo questa ricerca di grande importanza in quanto negli ultimi anni pochissimi sono stati gli studi volti alla comprensione dell'infezione indiretta del SarsCoV2". La ricerca indica che le superfici porose hanno una capacità infettante minore rispetto a quelle non porose. Le prime, infatti, assorbono il virus e pertanto non sono buoni veicoli di contagio per gli esseri umani, mentre sulle superfici non porose il virus riesce a persistere per tempi più lunghi, avendo così maggiore capacità infettante nel tempo. Per mesi, nel laboratorio di Biosicurezza di livello 3 presso l'Izsm, un gruppo di lavoro di 15 ricercatori ha confrontato la sopravvivenza delle varianti del virus SarsCoV2 Wuhan e Omicron, su 10 materiali di uso comune, come vetro, plexiglass, cartone e alluminio.
"Il disegno sperimentale dello studio prevedeva la contaminazione di materiali vari con le diverse varianti di SarsCoV-2, circolate nel periodo 2020-2022 in Campania e ciò al fine di stabilire i tempi di sopravvivenza del virus nell'ambiente", osserva Fusco. E' emerso che la variante Omicron ha una capacità di sopravvivere sulle superfici maggiore rispetto al suo lignaggio originario B.1, dimostrando così che "le mutazioni modificano le caratteristiche del virus, rendendolo maggiormente in grado di sopravvivere nell'ambiente e di conseguenza, infettare un ospite". Per Salvatore il prossimo obiettivo " è non soltanto estendere la ricerca ad altri materiali, compreso i cibi, ma di verificare su di essi la sopravvivenza anche di altri coronavirus"