Avellino

 

 

di Paola Iandolo 

Soddisfatto il procuratore Domenico Airoma per la sentenza di secondo grado sulla strage Acqualonga, con la quale sono stati condannati gli ex vertici di Aspi. Il numero uno di Piazzale De Marsico esprime soddisfazione per il verdetto dei giudici della Corte d'Appello: “Non esistono sentenze buone o cattive, le sentenze si leggono e se non si condividono si impugnano. All'epoca, la Procura di Avellino ha fatto ricorso e i giudici esperti della Cotte d'Appello, come quelli di primo grado, hanno ritenuto che i motivi fossero fondati, ora potrebbe intervenire la Cassazione, staremo a vedere, però io credo che sicuramente troveremo in questa sentenza delle informazioni importanti, che servono a dare dell’orientamento, anche per il futuro, a chi ricopre determinati posti responsabilità”. 

A distanza di 10 anni dal più grave incidente stradale mai avvenuto in Italia e nel quale persero la vita 40 perone, i giudici della Corte d'Appello di Napoli (seconda sezione) ribaltano la sentenza di assoluzione per i vertici Aspi e Autostrade. Riscritta la sentenza con una condanna a sei anni di reclusione per Giovanni Castellucci, ex amministratore delegato mandato assolto in primo grado. Si chiude, quindi, anche il secondo grado di giudizio del processo per la strage del bus, avvenuta il 28 luglio 2013 sull'autostrada A16, all'altezza di Monteforte Irpino. Un pullman turistico - per la rottura del giunto di trasmissione e poi del sistema frenante - precipitò dal viadotto Acqualonga finendo in una scarpata. Tragico il bilancio: 40 persone che erano a bordo persero la vita, 8 furono i sopravvissuti. Sul bus c'erano famiglie intere con bambini, ma anche nonni, nipoti. Erano andati a Pietrelcina e rientravano nella loro Pozzuoli. Le accuse sono di omicidio e disastro colposo.

Le condanne in Appello

Le condanne: 6 anni di reclusione, oltre all'ex amministratore delegato Giovanni Castellucci, anche per il direttore generale di Aspi dell'epoca, Riccardo Mollo e i dipendenti Massimo Giulio Fornaci e Marco Perna. Tutti assolti in primo grado, per questo la procura irpina ricorse in Appello. Confermata l'assoluzione per i dipendenti Aspi, Michele Maietta e Antonio Sorrentino. Riduce la pena riconoscendo l'attenuante di aver risarcito il danno per Nicola Spadavecchia e Paolo Berti a 5 anni di reclusione. Ridetermina la pena previa concessione dell'attenunati generiche e del risarcimento del danno per Gianluca De Franceschi, Gianni Marrone e Bruno Gerardi in anni 3 di reclusione. Non doversi procedere nei confronti di Gennaro Lametta e Antonietta Ceriola per intervenuta per il solo capo A (falso). Confermata nel resto. Confermati i 5 anni di condanna per Michele Renzi, rimediata già in primo grado.

Le reazioni dei legali di Castellucci

Duro il commento di Castellucci: "La sentenza è frutto di una giustizia alimentata da un flusso continuo di falsità e disinformazione e condizionata dal trovare un capro espiatorio". Amareggiati anche gli avvocati di Castellucci, il noto penalista Alfonso Furgiuele e l'avvocato Paola Severino. “In oltre 50 anni di esercizio della mia professione non ricordo che una sentenza di assoluzione sorretta da una motivazione solida approfondita e ineccepibile sia stata ribaltata in Appello. E' una sentenza – aggiunge Severino – del tutto sorprendente e totalmente distonica rispetto alle risultanze del dibattimento” . 

La reazione dei familiari delle vittime 

il presidente dell’associazione Vittime dell’A16, Giuseppe Bruno è soddisfatto della condanna inflitta a vertici Aspi, mandanti assolti in primo grado, ma «è una sentenza che dà soddisfazione solo in parte per la disparità di trattamento. E’ingiusto che a Lametta siano stati inflitti 9 anni (dai 12 del primo grado) e a Ceriola 5 (dagli 8 del primo grado) anni di reclusione, mentre i vertici Aspi – solo in secondo grado – siano stati condannati a sei anni. E’ ingiusto perché se i new jersey fossero stati a norma tutto questo non sarebbe mai accaduto, quaranta persone non avrebbero perso la vita e i superstiti non dovrebbero sopportare le pene dell’inferno. Per quanto non troviamo giusta questa sentenza, dobbiamo riconoscere che abbiamo avuto una giustizia a metà davanti ai giudici della Corte di Appello. Ma la vera condanna l’hanno subita le 40 persone che viaggiavano sul pullman perchè non torneranno mai più indietro». Giuseppe Bruno in quell'incidente ha perso entrambi i genitori.