Minuto 48 del primo tempo di Salernitana-Torino: Cabral centra un palo clamoroso (il secondo consecutivo) e, poi, stramazza al suolo disperato. Candreva, 37 anni a febbraio e fascia da capitano sul braccio, lo rialza con forza e determinazione. In questa foto di Mario Taddeo non c'è soltanto l'essenza di una disfatta ma anche il fotogramma reale del momento vissuto dal mondo Salernitana.
Pochi dubbi. All'Arechi è stata una notte da dimenticare. Probabilmente la più brutta della Salernitana targata Paulo Sousa. Lo 0-3 con cui il Torino ha espugnato via Allende è un campanello d'allarme preoccupante e che non ammette alibi o giustificazioni. Perché aggrapparsi soltanto agli episodi significherebbe nascondere la polvere sotto al tappeto. I numeri, d'altronde, non mentono mai: nelle prime quattro giornate dello scorso campionato Davide Nicola centrò 5 punti, tre in più rispetto all'attuale cammino. A parità di avversarie, inoltre, rispetto allo scorso campionato mancano già 6 punti sulla tabella di marcia per la salvezza (vittoria con Lecce in trasferta e in casa con l'Udinese e pari con il Torino).
La Salernitana è in evidente difficoltà ed i motivi della partenza ad handicap sono molteplici. Di sicuro dal mercato ci si attendeva qualcosa di più pronto per la serie A ma, probabilmente, i programmi economici fatti all'inizio (vendere Dia per finanziare le altre operazioni?) sono cambiati in corso d'opera.
Inutile, ora, recriminare. L'organico è quello che è e, almeno fino a gennaio, spetterà ad un maestro come Paulo Sousa il compito di valorizzarlo, impiegarlo e renderlo quanto più competitivo possibile, un po' come fatto lo scorso anno con Kastanos.
Discorso a parte, però, merita l'ambiente: chi era allo stadio ieri sera avrà sicuramente notato gli applausi con cui la Curva Sud ha provato a risollevare l'umore della squadra dopo il pesante 0-3. Risposta diversa è arrivata dalla “curva virtuale” che non ha risparmiato nessuno: da Iervolino a De Sanctis, passando per Paulo Sousa ed i calciatori. Tutti finiti sotto processo e, tutti (già) condannati con sentenza definitiva dopo sole quattro giornate. Non proprio il miglior modo per ritrovare unità, compattezza e serenità. E magari risultati. L'equilibrio resta sempre l'arma migliore ma troppo spesso nel calcio ce ne si dimentica. Per rialzarsi servirà la mano di tutti.