“E' innegabile che a carico degli imputati vi fosse un compendio indiziario di notevole spessore”, tale da giustificare il loro arresto, ma quegli stessi indizi “sono restati allo stadio di probabilità di colpevolezza” che, per poter essere affermata nel processo, “ha bisogno della prova ogni ragionevole dubbio” .
Ecco perchè la terza sezione Corte di assise di appello di Napoli ha assolto lo scorso 14 marzo, per non aver commesso il fatto, Giuseppe Massaro (avvocati Angelo Leone e Mario Palmieri), 58 anni, di Sant'Agata dei Goti, e Generoso Nasta (avvocati Orlando Sgambati ed Angelo Raucci), 33 anni, di San Felice a Cancello, che la Corte di assise di Benevento il 6 ottobre del 2021, così come chiesto dal pm Francesco Sansobrino e dai legali delle parti civili,- avvocati Antonio Leone e Tullio Tartaglia- aveva condannato all'ergastolo per l'omicidio di Giuseppe Matarazzo, il 45enne pastore, di Frasso Telesino, che la sera del 19 luglio del 2018 era stato ucciso a colpi di pistola dinanzi alla sua abitazione alla contrada Selva.
Massaro era accusato di aver fornito la 357 Magnum, detenuta legalmente, che avrebbe fatto fuoco -era stata ritrovata dopo un mese dai carabinieri nella cassaforte di casa - e la Croma che avrebbe guidato Nasta.
Venti le pagine nelle quali sono contenute le motivazioni con le quali il presidente (e relatore) della Corte, Vittorio Melito, ha ribaltato la decisione di primo grado, valorizzando molti degli argomenti sui quali si era spesa la difesa di Massaro. “Non è stata dimostrata con assoluta certezza – si legge – che l'arma “del delitto sia quella in sequestro, che la Fiat Croma del Massaro si trovasse proprio sul luogo del delitto allorchè si è verificato, che essa abbia incrociato” una testimone, “che Nasta ne fosse il conducente, che la famiglia del Massaro potesse trarre le somme depositate soltanto dalla ricezione del provento del reato”.
Il punto di partenza è la mancata individuazione del mandante e dell'esecutore dell'omicidio, “si sostiene che Matarazzo sarebbe stato ucciso – su mandato di persone o persone non identificate, pur essendo plausibile il collegamento” alla condanna a 11 anni e 6 mesi che aveva scontato perchè riconosciuto responsabile di abusi sessuali ai danni della 15enne che il 6 gennaio del 2008 si era tolta la vita impiccandosi ad un albero”, “ma senza che si sia appurato alcunchè sui congiunti della ragazza e nemmeno su eventuali rapporti di qualsiasi genere con gli imputati – su organizzazione curata da Massaro che, prescelto dall'ignoto mandante per ragioni imperscrutabili, avrebbe espletato l'incarico facendo utilizzare da terzi l'auto a lui abitualmente in uso e della quale ben sapeva che era munita di localizzatore satellitare, nonché la pistola da lui regolarmente denunciata, poi conservata tranquillamente in casa anche dopo l'esecuzione dell'omicidio, il tutto per un compenso di 10mila euro”.
Quanto a Nasta, “il cui riconoscimento è esplicitamente dichiarato al 70-80%, sarebbe stato incaricato da Massaro di fare da conducente senza che egli ricevesse alcun compenso accertato”. Secondo la Corte, “si ignora anche il preciso movente, mentre lo scopo di lucro appare conseguito da uno solo degli imputati, che non avevano motivi di diretto risentimento oppure odio verso la vittima”.
LA PISTOLA
Melito ricorda la perizia che, disposta dalla Corte di assise di Benevento per superare le divergenze tra le consulenze del Pm e della difesa, aveva concluso per la “sicura riferibilità” di quella pistola all'arma dell'omicidio, e concentra la sua attenzione sulle “immagini di comparazione tra proiettili test e proiettili in reperto”. Sottolinea che “le differenze tra le strie raffigurate sulle immagini dei proiettli tes e quelle risultanti sui proiettli risaltano ictu oculi, cosichè la divergenza non è sanabile dal mero richiamo alla visione strumentale. Se ad occhio nudo si vede in foto che i test hanno fra loro le stesse striature, ed i reperti no, l'ingrandimento a microscopio non potrebbe plausibilmente comportare la comparsa sui reperti non solo di striature, ma addirittura di striature identiche a quelle visibili sui test, le quali sono altrimenti impercettibili, contrariamente a queno avviene per i test”. Dunque, “l'arma usata è stat aun revolver dello stesso calibro, ma vi è qualche dubbio, non del tutto astratto, che si tratti proprio di quella di Massaro”.
L'AUTO
La Corte ritiene che “l'elemento che maggiormente scalfisce ogni certezza sulla presenza della Croma sul luogo ed all'ora del delitto, è costituito dalle due registrazioni che indicano la presenza della macchina in prossimità dell'abitazione della vittima alle 20.08.10 alla velocità di 10Km/h ed alle ore20.08.58 ferma a 0 km/h”. Due registrazioni “che non sono presenti su tutte le tabelle riepilogative dei dati Gps ma soltanto su una di esse, con rappresentazione grafica difforme da tutte le altre, cosicchè la loro esistenza sembra esser un'aggiunta successiva alle risultanze immediatamente acquisibili”.
E ancora: “Si tratta di dati trasmessi con figlio Excel, dunque modificabile; la Corte non ritiene che vi sia sospetto di volontaria alterazione, ma non può esimersi dal dubitare che la particolare rilevanza delle risultanze di que pochi minuti abbia comportato una particolare attenzione ed elaborazione, con rischi di inavvertita manipolazione: le differenze grafiche e l'inspiegata apparizione in un secondo momento proprio di quei dati li rendono non indiscutibili”.