Napoli

I miei timori erano fondati, il Napoli di Rudi Garcia non ha un'anima. E la cosa grave è che "pe fa l'americano" - leggesi per far vedere che non era da meno di chi lo aveva preceduto - il francese ha finito col disperdere in men che non si dica tutto il patrimonio tecnico e morale di Luciano Spalletti.

Hai voglia a dire che "doveva" cercare di dare una nuova identità agli azzurri - ma poi perché - la verità è che il Napoli visto nel secondo tempo contro la Lazio era lungo, farraginoso, confuso e inconcludente. L'opposto di quello dello scorso anno. Sarà felice Garcia che Lobotka non è più al centro del suo gioco e che Anguissa non è quello giusto per sostituirlo? Sarà orgoglioso il tecnico franco-spagnolo che non volendo il fraseggio dal basso della sua squadra non c'è rimasto né dietro né in mezzo nessuno con cui dialogare e ogni giocatore è sembrato Mosè nel deserto con le due gravose Tavole della Legge in mano? Sarà soddisfatto l'ex tecnico della Roma che con il suo famoso gioco verticale - leggasi lanci lunghi a iosa - Victor Osimhen è sembrato un tordo in mezzo ai cacciatori? Insomma una gran delusione serpeggia tra i tifosi. Eh si, nessuno credeva che fossimo così indietro, tatticamente, fisicamente e psicologicamente. Anche l'anno scorso l'avevamo persa contro Sarri, ma dominando, e solo dopo un tiro fortuito da 30 metri. Questa volta no, abbiamo meritato di perderla. Senza attenuanti.

Eppure i segnali c'erano tutti. La parola d'ordine non sembrava "continuità" bensì "amnesia", far dimenticare quello che era stato, manco fosse una colpa invece di un'impresa. A meno che il problema non fosse rimuovere il passato dal presente, riaffermare il primato della società e dello staff (depurato dei "traditori") e da qui far emergere la verità posticcia che il merito era solo di chi aveva messo mano ai cordoni della borsa e non di chi quella borsa aveva contribuito a riempire di denari.

Come sia sia, la partita disputata dal Napoli contro la Lazio è stata brutta e sbagliata, giocata dai partenopei solo nel primo tempo e senza una vera e sensata idea di gioco. E questa è la cosa più stupefacente. Possibile che in così poco tempo si sia disperso il filo magico di un "discorso amoroso" tanto con la sfera rotolante quanto col pubblico festante? Lo sapremo presto, dopo la sosta per le nazionali, con uno Spalletti di nuovo protagonista (per il dispiacere di chi sappiamo), puntualmente sotto i riflettori, ancora a parlare di "appartenenza", "onore" e "passato", mentre a qualcun altro era bastato togliere le pettorine con le parole d'amore.