Molinara chiude ieri sera con un bagno di folla i festeggiamenti in onore di San Rocco e il concerto di Raf, animale da palcoscenico, pioniere fertile e innovativo da oltre 40 anni, anch’egli emigrante per molti versi. L’evento è inserito nel cartellone della 41.esima edizione della Festa dell’Emigrante - Rotte che si incontrano” progetto in partenariato con Foiano di Val Fortore capofila, promosso e finanziato dalla Regione Campania attraverso il POC CAMPANIA 2014-2024 ed inserito nel programma di percorsi turistici di tipo culturale, naturalistico ed enogastronomico per la promozione turistica della Campania. Molinara, un borgo dove ogni pietra racconta una storia di quelle buone, oltre che belle. Gente di lavoro onesto e devoto, dove un tempo gli asini e/o il mulo erano “dèi-operai” indispensabili e salvifici, senza i quali nessun trasporto, lavoro o semplice compagnia nei campi, e su per gli impervi pendii, sarebbero stati possibili. A quei tempi, la valenza di un contadino si misurava attraverso il mulo o l’asino che possedeva. Quanta fatica per portare su al paese, alla famiglia, raccolti pesanti e qui vitali per superare i rigori delle stagioni. Patate, olive, latte, un maiale per famiglia (se non numerosa) e poi pietre utili per conservare questi prodotti, oltre che per una dimora sicura in un paese adagiato tra picchi collinari e valli fertili. Romana, normanna, feudale e nobile Molinara, una storia che devi leggere a Molinara, altrimenti non potrai scriverne un’altra successiva. I secoli sono testimoni.
Ma l’umanità imbrutisce, e nella storia del ‘900 la povertà arriva come falce e la guerra (due e mondiali) come mannaia. Entrambe costringono a sottomettersi in tanti modi, o si danza con esse alleandosi alla sopravvivenza o si parte alleandosi con il consiglio di un parente, un richiamo, un’avventura, una necessità, un salto nel buio, ma altrove. Ci si sposava per procura e spesso non si tornava vivi. Così le terre del Fortore, terre della partenza dei suoi figli più forti, più creativi o forse più incoscienti, narrano le storie di questi luoghi scolpiti, attraversati, ma anche abbandonati. E ora che il benessere li caratterizza e’ un dovere ricercarli per ritrovarsi. Molinara, nel Sannio fortorino è un’isola felice dove la vita è davvero a misura d’uomo e che grazie alle persone, personaggi e amministratori rispettosi, mai è calato il sipario sulla sua storia, cultura e tradizioni. Molinara è l’estate di molti, è patate di eccellenza (non a caso il simpatico nomignolo “mangia patate” degli abitanti da secoli), tradizione casearia antica, e San Rocco su tutto. Persone talmente devote che da ogni dove devono tornare a Molinara il 16 agosto per i festeggiamenti in suo onore. Il paese dove la “densità” dei nomi dedicati al santo supera il 50% e a volte è anche presente nel cognome, quando l’anagrafe comunale doveva improvvisare una soluzione.
La devozione è totale e indipendentemente dal credo, va rispettato con profondo sentire. San Rocco nel Sannio, è Molinara. Da sempre accogliente e punto di ristoro lungo la via Micaelica (o via dell’Angelo) un percorso che collegava Roma con Monte Sant’Angelo (FG), dove si trova il santuario di San Michele Arcangelo, meta di pellegrinaggio dal Medioevo. A conferma di cio’ la presenza di un ospizio nell’odierna piazza San Rocco e un bivacco nel borgo antico nei pressi della chiesa di Santa Maria dei Greci, che servivano da alloggio ai pellegrini e ai viandanti nel loro cammino verso il Gargano. La via Micaelica “confluiva” anche nella via Francigena, un fascio di percorsi che dall’Europa occidentale (in particolare dalla Francia) conducevano a Roma proseguendo poi verso la Puglia, alla volta della Terrasanta. Ci piace pensare che il pellegrino San Rocco nato a Montpellier, viandante per scelta e volontario per vocazione (non un caso che ne sia il protettore), se avesse potuto proseguire il suo cammino verso la Terrasanta, avrebbe attraversato e soggiornato in questi luoghi. Molinara nel mondo, poi, è una comunità immensa e davvero numerosa in Australia.
Un cittadino illustre Donato Longo, scomparso nel 2022 in Adelaide, dove insegnava all’Università, nel 2010 ha racchiuso in un lavoro editoriale dal titolo “Terra lasci terra trovi – from Molinara to Adelaide” gli studi incentrati sulle tratte dell’emigrazione da Molinara verso il sud dell’Australia e in particolare dei primi tre molinaresi emigrati lì nel 1927, con un capitolo dedicato ai prigionieri politici della II guerra mondiale e la successiva costituzione di grandi comunità rimaste in seguito sempre legate alle loro radici tanto da istituire nel 1971 un club di soli compaesani provenienti da un unico comune che ancora oggi si differenzia da altre associazione di emigranti in quanto fanno riferimento alle regioni di provenienza. Oggi la comunità molinarese in Australia, localizzata in un unico quartiere, conta circa 5000 persone e in appendice al volume anche l’albero genealogico dei primi arrivati sull’isola a oltre 15 mila km da casa, che oggi sono solo un volo da prendere e non più un viaggio della speranza.