Napoli

A molti giornalisti e opinionisti, che non avevano ancora digerito non tanto e non solo la vittoria del Napoli nel campionato scorso quanto il distacco abissale dalle avversarie, non restava che stilare le nuove classifiche per quello che stava per iniziare, dalle cui prime posizioni i partenopei erano stati ovviamente esclusi. Uno dei loro argomenti preferiti dopo il presunto "indebolimento" della squadra azzurra, causato prima dalla rinuncia di Superman Spalletti e poi dal tradimento di Luthor Giuntoli, era stato l'immobilismo di Aurelio De Laurentiis nel mercato estivo che aveva da poco oltrepassato il gong di mezzodì.

Mi chiedevo cosa ci fosse da meravigliarsi o scandalizzarsi visto che la squadra era rimasta la stessa di quella che aveva appena stradominato in Italia e in Europa. Meret era quello di sempre, osannato oltremodo ovvero oltraggiato senza ragione. Gollini, il suo vice, tanto fortemente rivoluto dal presidente in persona da far pensare a un suo sconfinamento verso le più alte sfere gerarchiche. In ogni caso un valore aggiunto per quanto detto e fatto fino a ieri, e non solo in campo. Sulla difesa si concentravano tutti gli strali della stampa (manifestamente o meno) avversa.

La partenza - l'ho già detto e lo ripeto - pur molto vantaggiosa sul piano economico di Kim Min-jae, costituiva un vulnus da superare. Ostigard era bravo e forse poteva essere una soluzione, peraltro tutta da dimostrare lì nel centrosinistra della linea Maginot, mentre quel grande uomo di spogliatoio di Juan Jesus non poteva essere che un rincalzo tecnico, giammai un degno sostituto del coreano, come qualcuna delle ultime partite della scorsa stagione aveva ampiamente dimostrato. I nomi del nuovo difensore fin qui avanzati si sprecavano. Qualche giorno fa il bravo Umberto Chiariello ne aveva contati già una trentina. A domenica erano diventati 40. E questa era la cosa che mi confortava di più. Il presidente, infatti, seguendo la nota tecnica del ghepardo, che in assenza di erba alta fa l'indifferente, trotterellando a debita distanza dalla preda prima di sferrare il suo attacco fulmineo e mortale, sembrava maldestramente girovagare come l'ultimo degli sprovveduti - si dice fischiettasse pure - tra l'Inghilterra, la Spagna, la Francia e la Grecia. Tutto sembrava tacere, ma conoscendo il nostro patron c'era fuoco sotto la cenere e prima o poi sarebbe esploso. Non era immobilismo, ma sano, giusto e (forse addirittura) necessario attendismo. E così è stato. Benvenuto Natan, nuovo illustre sconosciuto!