Napoli

Lo sostiene, come non aspettarselo, l'immunologa Antonella Viola, uno di quei (tanti) buoni medici assurti agli onori delle cronache per "causa di forza maggiore" - diciamo così - con l'avvento del famigerato Sars-Cov-2 e ora, nostro malgrado, divenuti tuttologi, salutisti, puristi, buddisti, maghi, viaggiatori scrittori, poeti, vegetariani, podisti e pure opinionisti.

"La scienza sostiene che tra il 20 e il 30% delle malattie dell'invecchiamento si possono prevenire attraverso un corretto stile di vita" - ha affermato la studiosa tarantina. Il che sarà pure vero, come è probabilmente vero - chi sono io per contraddire il suo range numerico ripetuto all'infinito - che "oggi siamo sempre più longevi, ma viviamo gli ultimi 20 o 30 anni in malattia, e questo significa una pessima qualità della vita, ma anche un grosso problema di sostenibilità della sanità per il Paese".

Su quest'ultimo punto non si discute, sappiamo tutti che l'Italia è un paese per vecchi e che il sistema sanitario della nostra penisola è più boccheggiante di Dorando P(i)etri al traguardo della maratona dei giochi olimpici di Londra del 1908.

La questione è se la causa di tanta infermità senile sia ascrivibile solo allo stile di vita - il manicheo non riconosce altra verità che la sua - oppure entrano in gioco anche altri meccanismi, e forse anche più incidenti degli insalubri comportamenti umani. Mia madre, che com'è noto non fa statistica e nemmeno volgare aneddotica, era una donna mite, dedita all'alimentazione sana e pure controllata, all'attività fisica instancabile per i due terzi delle giornate (festivi compresi), tra lavoro domestico e lunghe e faticose camminate su e giù per la città per soddisfare i famelici bisogni degli abitanti della casa di cui la dolce signora avrebbe dovuto essere la "regina", e (perfino) al sonno duraturo e soddisfatto come quello di un bambino. Aveva anche un peso corporeo ideale, una pressione arteriosa e una frequenza cardiaca di una ventenne quando ne aveva già abbondantemente compiuti settanta e non fumava né beveva, se non per imitazione delle amiche civettuole in occasioni speciali.

La professoressa Viola avrebbe trascorso parte della sua esistenza ad arrampicarsi sugli specchi per giustificare il fatto che poco dopo il suo ingresso nella fatidica "terza età" (o almeno quella che era considerata tale a quel tempo) la mia cara mammina fosse stata colpita da una progressiva e inesorabile atrofia del suo cervello, arbitrariamente attribuita all'eponimo terribile e immaginifico di malattia di Alzheimer, che da lì a poco più di tre lustri l'avrebbe portata prima a consunzione lenta e incosciente (si spera) e, infine, a morte. Ben sapendo che una rondine non fa primavera e, al contempo, non  ritrovando tracce di predisposizione genetica a tal morbo nella mia famiglia, mi domando se su mamma non avesse pesato come un macigno la sua "personalità premorbosa", quella di una donna (troppo) schiva, insoddisfatta e con una grave carenza di affettività ed empatia sin dalla sua prima infanzia, tramutatasi poi, in età adulta, in una oggettiva e talvolta invincibile difficoltà a gioire, comunicare, rilassarsi, sorridere, abbracciare e farsi abbracciare. Insomma, la madre di quattro impegnativi figli e di un marito (medico) per lo più assente era stata per tutta la vita una donna sostanzialmente infelice - benchè lo avesse saputo ben mascherare per la maggior parte del suo tempo - che aveva goduto solo di frammentari e (forse) incompleti momenti di vero benessere emotivo.

Ora, al di là della letteratura e della filosofia che non hanno mai mancato di attribuire alla felicità personale un preponderante valore protettivo su morbilità e accidenti di ogni ordine e grado, a oggi ne mancava la prova scientifica inoppugnabile, corredata da adeguate analisi statistiche, indici di predittivitá e significatività matematiche. Ora però è finalmente giunta. Con buona pace della professoressa Viola e della sua crociata - peraltro ineccepibile - contro alcol e altre cattive abitudini di vita, è appena uscito, qualche giorno prima del suo libro - "La via dell'equilibrio - Scienza dell'invecchiamento e della longevità" - un intero e corposo volume in lingua inglese - niente a che vedere con un "semplice" articolo pur apparso su una rivista medica prestigiosa - frutto di più di 80 anni di ricerca su due generazioni di individui appartenenti alle stesse famiglie, dal titolo (tradotto) "La buona vita e come viverla: lezioni dallo studio scientifico più lungo del mondo sulla felicità". Di questo rivoluzionario tomo scriverò in dettaglio nelle settimane vacanziere a venire, per ora vi basti sapere che lo studio ci invita, ancor prima di preoccuparci della nostra salute, che pure occupa il secondo posto nella scala dei fattori di prevenzione del cattivo invecchiamento, a coltivare con gioia le relazioni affettive, unico vero e duraturo rimedio contro la senescenza patologica, il declino psichico e fisico e la morte maledetta. Della sua pubblicazione (e della sua lettura) ne sono stati entusiasti il sottoscritto e molti altri che con me condividono l'inestimabile valore della libertà e della preziosità di tutte le opinioni, fuori e dentro la scienza. E, con noi, ne sono certo, anche quella santa donna di mia madre - icona di un modo di vivere malato a prescindere, così privo di una felicità compiuta - finalmente affrancata dall'ombra e, perfino, quella superba comunicatrice di evidenze scientifiche, che non necessariamente resteranno verità incontrovertibili, che risponde al nome di Antonella Viola.

*Neurologo - responsabile sezione Sanità Confindustria Benevento