Ospedaletto d'Alpinolo

di Luigi Marciano*

”Un paese da sempre in simbiosi con il Santuario” Ospedaletto a differenza di molte città e castelli antichi, può gloriarsi di conoscere esattamente la sua nascita, fissata nel gennaio 1178, e di possedere il documento originale che ne tramanda il lieto ricordo. Il casale iniziale, e poi il paese, nasce e si sviluppa in diretta dipendenza di Montevergine, e perciò si pone nella linea del dominio feudale dell’Abbazia, così come riportato dal Padre Virginiano Marco De Masellis nel 1654, attingendo dall’istrumento di concessione del Casale delle Fontanelle fatta dal Beato Giovanni Abbate Generale di detto Sacro luogo. “…Se il nostro Abate Generale di Montevergine è stato Signore assoluto con potestà spirituale e temporale in molte terre…….particolarmente poi se li deve il titolo di padrone e signore assoluto della Terra di Ospedaletto, perché dell’altre terre non fu dall’origine di Montevergine padrone assoluto, ma di detta terra fu padrone, col diretto dominio”, L’Abbate Giovanni considerato che i vassalli del monastero vivevano dispersi nei singoli castelli e che alcuni di loro mancavano di case, accogliendo le miti preghiere dei vassalli, stabilisce di farli abitare insieme ( nuovo Casale nella zona delle Fontanelle ai piedi del Santuario). Come ben si può evincere Ospedaletto è in profonda simbiosi sin dalla stessa nascita con il Monastero. Ma il nome di Ospedaletto non deriva, né dal Casale delle fontanelle né da quello di Santa Maria del Preposto: esso ebbe una origine diversa; provenne per astensione dall’Ospedale di San Tommaso, costruito a valle della Sacra vetta. Il De Masellis scrive: “ L’etimologia di detta terra ( di Ospedaletto) viene originata da un certo ospedale del nostro sacro monastero detto ospedale di San Tommaso il quale stava nella radice del mondo, nel luogo, dove adesso sta situata detta terra, e questo ospedale fu antico nel tempo del nostro Santo Padre Guglielmo. La sua posizione ai piedi della montagna si prestava molto bene per accogliere le grandi personalità che si recavano al Santuario per farle convenientemente riposare prima di affrontare la salita del Monte,. (Grandi moltitudine di persone recandosi a lui, offrivano ai suoi piedi oro, argento e quel che potevano”. Come ben si evince Ospedaletto è ricco di storia, di arte, di tradizioni, di fede, di imprenditorialità, di memorie perdute che si intrecciano con le ricchezze spirituali proprie del Santuario di Montevergine. Ospedaletto quindi è la testimonianza vivente, la terra sempre più vicina al culto della Modonna Nera. Ospedaletto rappresenta una continuità tra il passato e il presente; i notevoli flussi dei pellegrini e di i numerosi turisti che amano visitare e sostare ai piedi della vetta sacra, possano ammirarne le amene bellezze anche paesaggistiche. A tal proposito Giustino Fortunato nel manifestare il suo amore per questi luoghi scrive “ catene di monti sfumanti ed ondeggianti quasi nuvole dell’estremo orizzonte mi davano come una vaga sensazione dell’ignoto, dell’interminabile, dell’infinito che tanto affatica la mente …. Gli accordi misteriosi, le voci indefinite, che non si sa donde vengono e che compongono la stupenda sinfonia della natura…. Sentivo che la montagna era la Regina della natura, regina indomita e superba simbolo della sua forza e del suo mistero, della sua purezza incontaminata: la prima che il sole imporpori, l’ultima che esso abbandoni”. Ospedaletto pittorescamente adagiato sui piedi della catena del Partenio nell’Ente parco, raccoglie e sintetizza molteplici attrattive di interesse turistico tra le più notevoli di tutta la provincia di Avellino. Il territorio presenta infatti numerosi motivi di richiamo ed offre, grazie ad un efficiente sistema viario e ci auguriamo anche grazie all’accordo di programma con il comune di Mercogliano di poter arricchirci della realizzazione dell’ovovia, fortemente voluta dal precedente Sindaco Dott. Saggese Antonio, facilita l’accesso per tutti coloro che cercano evasione dalla stressante vita delle contigue città metropolitane, Ospedaletto quindi è luogo di turismo: turismo ambientale oltre che religioso. Vera oasi naturale ricoperta da una lussureggiante vegetazione di castagneti e faggeti, costituisce uno scenario incantevole, incastonato ai piedi del massiccio del Partenio, ma Ospedaletto è anche arte, cultura, religione, buona cucina, ospitalità. Entrando in paese si incontra il gruppo scultoreo del monumento del pellegrino si compone di cinque figure che salgono la via che conduce al Santuario di Montevergine. Semplice nella sua concezione, ariosa nella sua composizione, pervade l’animo di chi la osserva di un forte sentimento religioso, mirabile lo sforzo del ragazzo che conduce la croce, è statico lo sguardo dell’ultima donna della fila. La povertà delle vesti ben si addice alla venerazione di Mamma Schiavona. Il pellegrinaggio ben rievocato nella Juta a Montevergine ebbe inizio sin dai tempi di San Guglielmo da Vercelli. L’incantesimo della Juta si rinnova sotto gli auspici di Mamma Schiavona tutti gli anni da qualche decennio. Nei giorni 10, 11 e 12 settembre rivive ad Ospedaletto il tradizionale appuntamento della Juta a Montevergine organizzato dal Comune e dalla Parrocchia SS. Filippo e Giacomo con il patrocinio della Regione Campania della Provincia, dell’Ente provinciale del Turismo della Comunità Montana del Partenio e dell’Ente Parco. La Juta assume una portata ed un significato spirituale e profano e risulta ricca di manifestazioni suggestive ed incontri culturali. E’ da evidenziare in particolar modo il ruolo educativo: la tradizione da tramandare alle future generazioni. Le tradizioni popolari, tramandate alle future generazioni diventano monito di insegnamenti ed ausili per una migliore qualità della vita ricca di certezze e richiami spirituali. La manifestazione, quindi, è la testimonianza vivente dell’antico pellegrinaggio a Montevergine. Nella rappresentazione, tra storia e leggenda, testimonianza letterarie, dipinti, fotografie d’epoca e ricordi viene rappresentato il viaggio nel tempo dei viandanti in cammino presso la vetta. Voci roche, graffiate da una puntina annunciano, tra sacro e profano la memoria del continuo riaffiorare tradizioni e costumi perduti che fanno sussultare il cuore e la mente di quanti hanno cisto, letto o saputo Tra i numerosi scrittori che hanno rievocato l’antica tradizione della Juta va ricordato Lorenzo Camusso, il cui contributo fu scritto il martedì dopo la domenica delle palme del 1951 e pubblicato in quello stesso anno sulla prestigiosa ed elegante rivista Le Vie d’Italia ,mensile del Touring Club Italiano. Anche Guido Piovene, scrittore veneto, nel suo celebre “Viaggio in Italia” e nel suo reportage radiofonico a puntate per la RAI, canta le bellezze della famosa salita a Montevergine, nell’ultimo tratto della quale scalzi ed in ginocchio i pellegrini si presentano al Tempio per chiedere grazie. Le citazioni dei grandi sono riproposte “Juta a Montevergine”, l’agile ed elegante catalogo dell’omonima mostra fotografica che tanto interesse e consenso ha riscosso. Le numerose e stupente immagini d’epoca, in bianco e nero e a colori, sapientemente raccolte e selezionate da Mephite, costituiscono indubbiamente il filo conduttore dell’intero percorso iconografico nel tempo dei viandanti verso “Mamma Schiavona”. La Juta ci restituisce plasticamente tutta la complessità di quello che è stato, per secoli, il più importante rito collettivo della nostra Terra distinguendone, attraverso le testimonianze visive gli aspetti religiosi e rituali in primo luogo, ma anche quelli economici, turistici e imprenditoriali locali. Un rito ricco di suggestive immagini, attraverso le quali nella terra dell’accoglienza, Ospedaletto rivivono e si incontrano due mondi, passato e presente, proiettati nel futuro: l’ospitalità, il faticoso cammino a piedi, le riposanti fermate alla Cappella dello Scalzatoio, alla Cappella della Sedia della Madonna, al Casone, il rito del Nodo alla ginestra per sciogliere ”Voti”, l’animazione nelle Piazze di ospedaletto con canti a fronne è limone, canti a figliola, danze, pizziche, e tammurriate, degustando la nostra cupeta, Èndrite e le tradizionali castagne del Prete. Rivivono nella Juta i grandi: Giuseppe Marotta con “L’oro di Napoli”, da cui Vittorio De Sica e Cesare Zavattini trassero una trasposizione cinematografica, l’inglese Edward Lear, che nel settembre del 1847 imboccò “una strada carrozzabile che dalla citta portava al villaggio di Spedaletto”, il meridionalista Lucano Giustino Fortunato e lo scrittore verista toscano Renato Fucini. Spiccano, infine , nella Juta le firme di Raffaele Viviani(1927) autore di “La Festa di Montevergine” e del poeta Alfonso Gatto, che ha sintetizzato in un suo scritto in maniera mirabile la peculiarità della juta:” Qui, nella terra di Ospedaletto, nel Santuario più dialettale della terra, ove i Pellegrini del vecchio reame lasciano nei canti ancora rispettosa e ironica la pietà per se stessi, la madonna ha avuto il nome di “Mamma Schiavona”, per dirsi più che negra ed oriente, di casa ai fedeli che le si fanno piccoli davanti con innocenza”, quella di Padre Mongelli storico dei Benedettini con i suoi numerosi scritti e dell’Arch. Vincenzo Di Blasi con il suo itinerario turistico di Ospedaletto D’Alpinolo. Mi piace ricordare il rimpianto dott. Fulvio Sellitto che ha curato il testo “Un Paese si racconta-Ospedaletto: mito riti ed umanità” e Eric Lamet ebreo internato negli anni di guerra ad Ospedaletto che ha pubblicato il libro “Salvato dal nemico”. Ospedaletto ha basato da sempre la propria economia grazie alla sua simbiosi con il Santuario. La castagna del prete e la famosa cupeta oggi sono esportate in tutto il mondo, grazie alle capacità dei nostri imprenditori …… Tutto ciò è stato…. è …. e sarà…. nei secoli la storia autentica del tessuto religioso, sociale e civile della comunità di Ospedaletto. Il mio auspicio è che attraverso nuovi metodi ed incisive azioni possa questo luogo contribuire a rassicurare le ansie, i tormenti, le inquietudini, i mali del presente storico. 

*Sindaco di Ospedaletto d'Alpinolo