Avellino

Ogni giorno incontro conoscenti, che coltivano il desiderio di diventare sindaco o consigliere della Città di Avellino, forse anche con lo scopo di utilizzare tali cariche per raggiungere traguardi più importanti. Nel parlare, ingenuamente, penso che si possa discutere dei problemi della Città e di come possono essere affrontati e risolti.

La mia ingenuità mi spinge ad elencarne qualcuno e a ipotizzare soluzioni. Gli interlocutori mi fanno intuire che sono “pesante e noioso” e che per loro importante è parlare dei difetti dei concorrenti. Prendo atto, mi sgancio e passeggio da solo, cercando amici, che amano confrontarsi, come artigiani, esercenti, pensionati e giovani impegnati. Quando penso al mio modo di concepire la politica, torno agli insegnamenti avuti da mio padre. Questi, assieme all’osservazione della vita dei miei compaesani, all’ascolto in piazza dei comizi elettorali dei vari partiti e alla lettura dell’Espresso, mi fecero capire che la politica e, ancora di più, le amministrazioni degli Enti locali, devono essere capaci di far migliorare le condizioni economiche, sociali e civili delle popolazioni amministrate.

A tal fine, gli eletti devono conoscere i problemi da risolvere e la medicina da utilizzare. In altre parole, l’eletto deve essere un medico sociale. Mio padre, impegnato per il Fronte Popolare, nel 1948, fece nascere in me l’interesse per la politica e la vocazione per il fare, non per il parlare. Di talché, quando incominciai a pensare di diventare amministratore del mio Comune, cercai di elencare le cose da proporre per avere consensi e da fare, se avessimo vinto le elezioni.

Osservavo come venivano sfruttati gli agricoltori, dai padroni dei terreni e dai commercianti, e pensai di spingerli ad organizzarsi in Cooperativa; il Santuario di M.SS. della Stella poteva essere raggiunto solo a piedi, per cui il suo potenziale attrattivo non veniva utilizzato per il turismo e pensai che bisognava costruire una strada per poter raggiungerlo con le auto, cosa che, vinte le elezioni, feci, con i soldi della Cassa per il Mezzogiorno; noi giovani non avevamo uno spazio per giocare al calcio, pensai che bisognava costruire un campo sportivo, cosa che avvenne. Lo stesso metodo seguii quando diventai amministratore della Comunità Montana e della Provincia.

Mi astengo, per economia di spazio, dal richiamare le proposte fatte e quelle concretizzate. Purtroppo, nessun giornale si è mai preoccupato di conoscerle e di farle conoscere. Veniamo all’oggi. La Città di Avellino presenta un quadro desolante con centinaia di saracinesche abbassate, un migliaio di locali e di appartamenti in vendita o da fittare, una riduzione preoccupante degli abitanti, l’alta disoccupazione giovanile,che alimenta l’emigrazione, l’ex Ospedale inutilizzato e istituti scolastici abbandonati, centro storico senza vita sociale, aumento dei furti in appartamenti, traffico caotico e inquinante, marciapiedi causa di continue cadute di anziani, insicurezza sociale, sanità pubblica inefficiente ,subalterna a quella privata,ecc. Tutto ciò richiederebbe grande impegno culturale e politico per costruire proposte efficaci e unificanti.

Purtroppo, niente di ciò che serve si intravede. Invece di far conoscere proposte tranquillizzanti e di essere degni della fiducia degli elettori, gli aspiranti amministratori si limitano a criticare i potenziali concorrenti e il sindaco uscente. Aspettano con ansia che suoni la campana delle elezioni. Non conoscono nemmeno il detto popolare “Troverete ‘a Messa ritta e ‘o Prevet spugliato”, riferito a quelli, che aspettano un evento, senza costruire una loro prospettiva.