Benevento

 E’ stato rintracciato nel Casertano, dalla Polizia di Stato, il detenuto evaso circa tre mesi fa dal carcere minorile di Airola, in provincia di Benevento, insieme ad un altro ristretto a marzo scorso. A darne notizia è il Sappe, il sindacato autonomo della Polizia Penitenziaria. “E’ un’ottima notizia e i nostri complimenti vanno al personale delle varie Forze di Polizia che hanno collaborato e condotto a termine l’operazione con la cattura dell’uomo”, commenta Sabatino De Rosa, vicecoordinatore regionale per il settore minorile del SAPPE.

Per Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, “la grave vicenda aveva portato alla luce le priorità della sicurezza (spesso trascurate) con cui quotidianamente hanno a che fare le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria”. 

“Anche questo è stato un grave evento critico annunciato - prosegue Capece -. Altro che le fiction tv, che forniscono una visione distorta della quotidianità delle carceri minorili. La realtà è un’altra, conseguenza di anni di ipergarantismo nelle carceri, dove ai detenuti è stato praticamente permesso di auto gestirsi con provvedimenti scellerati ‘a pioggia’ come la vigilanza dinamica e il regime aperto, con detenuti fuori dalle celle pressoché tutto il giorno a non fare nulla nei corridoi delle Sezioni. E queste sono anche le conseguenze di una politica penitenziaria che invece di punire, sia sotto il profilo disciplinare che penale, i detenuti violenti, non assume severi provvedimenti”.

“Il personale di Polizia Penitenziaria non ha ancora ricevuto i previsti guanti anti-taglio, caschi, scudi, kit antisommossa e sfollagenti promessi dal DAP. Servono anche apparecchiature per impedire l’uso di telefoni cellulari nelle Sezioni detentive”, denuncia ancora Capece che aggiunge: "La situazione delle carceri italiane, per adulti e minori, è allarmante per il continuo ripetersi di gravi episodi critici e violenti che vedono sempre più coinvolti gli uomini e le donne appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria. Donne e uomini che svolgono servizio nelle sezioni detentive senza alcuno strumento utile a garantire la loro incolumità fisica dalle continue aggressioni dei detenuti più violenti. Il taser potrebbe essere lo strumento utile per eccellenza (anche perché di ogni detenuto è possibile sapere le condizioni fisiche e mediche prima di poter usare la pistola ad impulsi elettrici) ma i vertici del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria continuano a tergiversare – tanto mica stanno loro in prima linea nelle carceri a fronteggiare i detenuti violenti… - e la Polizia Penitenziaria continua a restarne sprovvisto”.