Avellino

Il Meridione è stato la fortuna dei parolai, che lo hanno utilizzato per apparire conoscitori delle sue problematiche, mentre è stato motivo di dispiacere per i veri meridionalisti. C’è, poi, la folla degli ingenui, che non riesce a separare i veri, dai falsi meridionalisti. Purtroppo, la confusione viene da lontano.

Negli anni ’20 del secolo passato, alcuni parolai, con a capo Gramsci, a differenza dei socialisti emiliani, ritenevano che bastasse parlare del Meridione per provocare il suo sviluppo. Si trascurava un principio dell’economia “bisogna poter disporre delle risorse di un territorio e renderle produttive”.

Mentre al Nord la proprietà delle risorse era della borghesia, che con una logica protestante le valorizzava, al Sud, la quasi totalità apparteneva alla nobiltà e alla Chiesa, che si accontentavano di raccogliere ciò che pagavano quelli che l’avevano in fitto. Condizione, che è durata fino agli anni ’70.

I vari tentativi per provocare sviluppo, come la Creazione della Cassa per il Mezzogiorno e la Programmazione economica produssero effetti positivi, ma furono insufficienti per ridurre la distanza tra Nord e Sud.

Come dichiarò, Manlio Rossi-Doria, il 15 febbraio 1962, l’agricoltura, settore fondamentale per lo sviluppo del Sud, subiva le situazioni di monopolio sia dei produttori dei mezzi di produzione sia dei compratori dei suoi prodotti.

La sudditanza dell’agricoltura ai poteri industriali, commerciali e, in alcune zone, mafiosi e camorristici, provocava redditi modesti. Ciò costituì una motivazione importante per spingere gli agricoltori ad emigrare, rendendo ancora più debole il Meridione. Nei Comuni della Valle Caudina, ad esempio, i proprietari erano alleati dei commercianti. Per superare la sudditanza, soprattutto dai commercianti, gli agricoltori avevano un solo modo, organizzarsi in cooperative. Cosa difficile e rischiosa. Difficile per mancanza di conquiste concettuali e rischiosa per l’opposizione degli sfruttatori, che ricorrevano anche a minacce.

Agli inizi degli anni ‘60, in coerenza con i miei ideali, riuscii ad organizzare una Cooperativa agricola, grazie alla quale, gli agricoltori diventarono titolari di un grande potere contrattuale, eliminando intermediari per l’acquisto dei concimi e delle sementi sia per la vendita dei loro prodotti. Dopo, due anni, fui oggetto di un attentato. Per fortuna, grazie a una “soffiata”, nella mia auto trovarono il maresciallo dei carabinieri, non me.

In Irpinia, tentativi di costituire cooperative agricole si contano sulle dita di mezza mano. I meridionali non hanno saputo nemmeno utilizzare i fondi avuti in varie occasioni. Politici impreparati o corrotti e imprenditori edili o stradali trasformavano i soldi in cemento armato o asfalto. Infatti, i più ricchi delle città meridionali erano gli imprenditori edili.

L’esempio più vicino a noi è il dopo terremoto ’80. Una cascata di miliardi non ha provocato sviluppo. Da segretario provinciale del PSI, organizzai diversi convegni, con la partecipazione di economisti (Forte, Ruffolo e Rossi-Doria) e di politici (Craxi, Tognoli, Martelli e De Michelis), per diffondere la convinzione che ricostruzione e sviluppo dovevano procedere in sintonia e le industrie, che chiedevano di investire in Irpinia, dovevano garantire una presenza duratura.

Proposi, di sostituire i soldi a “fondo perduto”, con agevolazioni per il periodo della loro permanenza sul nostro territorio. Rossi-Doria veniva portato in giro, come un Santo, per spiegare che bisognava evitare che l’arrembaggio dei fondi mirasse solo alla ricostruzione, trascurando lo sviluppo.

Dopo anni, il Professore disse: “Non una delle analisi e delle proposte è stata accolta e fatta propria da quelli che hanno avuto la responsabilità di decidere”.

Non ricordo contributi sulle problematiche dello sviluppo da parte di quelli che pretendono di essere giudicati meridionalisti.