Montoro

 

 

di Paola Iandolo 

Inchiesta sulle aziende conciarie fantasma e sulle fatture per operazioni inesistenti: sono comparsi davanti al gip Fabrizio Ciccone gli altri sei indagati finiti in carcere: G.F., A.D.S, H.R.N., E.S e O.V. classe ’95. che hanno tutti risposto alle domande. Mentre O.V. classe ’96 si è avvalso della facoltà di non rispondere. I legali Generoso Pagliarulo, Domenico Iomazzo, Ennio Napolillo, Viviano Nobile, Valentina Musto e Vincenzo Dino Iasuozzi hanno chiesto attenuazione delle misure per i loro assistiti. Decisione che potrebbe arrivare in serata.  Domani sarà la volta di F.P.D.S difeso dall’avvocato Raffaele Tecce, che si è consegnato ai militari della tenenza di Solofra.

 

Le prime attenuazioni delle misure cautelari

Intanto il gip ha già accolto le prime istanze di attenuazione delle misure per coloro che furono sottoposti ieri agli interrogatori di garanzia. L.A. è stato sottoposto all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. G.F. obbligo di dimora, mentre per A.M.T. sono stati disposti gli arresti domiciliari.

Le indagini

Gli agenti della guardia di finanza di Avellino, guidati dal colonnello Salvatore Minale hanno esaminato per mesi il flusso di denaro proveniente dalle ditte dei soggetti raggiunti dalle misure cautelari in carcere. In particolari alcuni degli imprenditori conciari coinvolti e raggiunti dalle misure cautelari – stando all’impianto accusatorio – giravano somme di denaro significative attraverso bonifici, postagiro, vagli circolari da e verso i titolari delle ditte coinvolte. Il tutto per ostacolare concretamente l’identificazione e la provenienza del denaro illecito.

La genesi dell’inchiesta

Il tutto trae origine da un controllo effettuato dai carabinieri di Solofra a Tavernola San Felice nel settembre del 2021. In quella sede i militari dell’arma notarono tre soggetti aggirarsi nei pressi dell’ufficio postale con fare sospetto. I tre M.C, A.M.T e F.P. D.S. furono identificati e fermati con svariati centinai di euro. Dopo mesi A.M.T e M.C. raccontarono la loro realtà dei fatti agli inquirenti ovvero di essere stati ingaggiati da F.P.D.S titolare della Florence Bags ad effettuare operazioni di riciclaggio di denaro proveniente da una presunta attività di falsa fatturazione, in cambio di denaro. Nello specifico 200 euro per A.M.T e 800 euro per M.C. come compenso mensile. Attraverso queste operazioni alcune società emettevano bonifici in favore della Florence Bags a fronte dei quali il suo ragioniere emetteva fattura. Da ulteriori accertamenti presso gli uffici postali di Tavernola San Felice emerse che i tre erano stati già segnalati svariate volte all’antiriciclaggio di Poste Italiane. Da ulteriori indagini è emerso che la Florence Bags era priva di dipendenti, priva di un contratto di locazione e che all’indirizzo riportato sulle fatture emesse vi era un gommista.