Napoli

La questione è più o meno questa. Il nostro allenatore per ragioni più oscure che meno ha deciso di lasciare Napoli e il Napoli appena finito il campionato di Serie A ancora in corso per tornare alla sua amata azienda agricola nella splendida Toscana.

Non è stato sufficiente che si fosse vinto uno scudetto dopo 33 anni o che tutta la città e tutti i tifosi, salvo qualche rara e scontata eccezione, testimoniassero amore eterno per lui e per tutte le sue discendenze nei secoli dei secoli. Del resto il problema pare non sia la gente né il suo sconfinato e (talvolta) smodato affetto, peraltro venuto solo a cose fatte, diciamo così, cioè quando la squadra aveva già raggiunto una fisionomia tecnico-tattica invidiata da tutti e comunque dopo qualche mese di contestazioni e contumelie indirizzate anche contro lo stesso allenatore azzurro (qualcuno ricorderà l'ironia sull'auto rubata e la disponibiltà a restituirla in cambio del suo addio).

È facile salire sul carro del vincitore dopo le vittorie, non lo è affatto nella sorte non dico cattiva - quella non c'è mai stata - ma almeno un po' incerta. Il calcio è vero è un'azienda, ma non proprio come tante, non si costruiscono bulloni e lampade, non si fabbricano auto, casomai con i soldi altrui, ancor peggio se ricevuti senza alcuna esplicita adesione o un banale silenzio-assenso. Il calcio si regge in piedi sulla passione della gente, passione che, com'è giusto che sia, è unica e sola.

Se un prodotto non viene più commercializzato ci si "affeziona" a un altro. Senza problemi e, quasi sempre, senza rimpianti. Nel calcio - per fortuna o purtroppo - no. Ci sono storie, legami, emozioni, attese,  delusioni, famigliarità, sogni, cadute, frustrazioni, gioie e speranze che sembrano riflettersi così profondamente e irreversibilmente solo là, e là vi trovano la loro catarsi o la loro maledizione. Quante volte ci siamo chiesti tra amici dopo una sconfitta, come avremmo fatto a ricominciare la vita di sempre il giorno dopo? Quante notti insonni per un risultato infelice? Quante amicizie nate e per sempre sopravvissute dentro il nostro amato San Paolo, ora Maradona, o fuori, nei bar, nelle piazze e nelle strade della nostra irripetibile città. Siamo stati da sempre un tutt'uno con la squadra, qualunque squadra ci fosse data, non sempre invece con la società che quella squadra gestiva. E il motivo è semplice: troppo e (comunque) sconfinato amore. Qualcuno avrebbe dovuto pensarci prima di abbandonare una strada così felicemente tracciata.