Avellino

di Paola Iandolo

L’udienza riprende con un bigliettino scritto da Limata e consegnato all'avvocato Iorio. Biglietto che tutte le parti hanno consultato. È una dichiarazione spontanea. Probabilmente Giovanni Limata ha chiesto scusa o si è professato innocente. La discussione dell’avvocato Rolando Iorio inizia ricordando che “a Limata è stata riconosciuta la 104 sin dal 2012. E’ una persona malata”. Stando alle prime consulenze effettuate su di lui, sarebbe emerso che è Elena ad aver manipolato Giovanni”. Si sofferma poi sulla perizia psichiatrica del dottore Sciaudone. L’avvocato Iorio la definisce “a dir poco imbarazzante, si arriva a conclusioni identiche per i due imputati, al di fuori delle linee standard previste. La metodologia è stata criticata da tutti”. Iorio "smonta" la perizia in più punti, critica il colloquio con Limata, perché a forma libera.

I messaggi tra i due

L’avvocato Iorio legge dei messaggi che i due si sono scambiati: “lei gli confessa di stare male, accusando i genitori, dicendogli che le fanno saltare pranzo e cena. Lamentele che innescavano confusione nel l'imputato. È Elena che organizza come fare entrare Limata in casa, è lei che decide le sorti della sorella - sottolinea Iorio - che ricorda anche le fatidiche tre parole che danno il via libera all'omicidio: "Ok, vai amò".  Sul punto l’avvocato Iorio precisa “si tratta di un delirio lucido. Il delitto non viene pianificato in maniera realistica. Dunque, nessuna premeditazione”.

I tentativi di suicidio di Limata

“Limata, ricorda Iorio, assume ogni giorno farmaci per cercare di contenere la situazione, ha commesso e compie tentativi di suicidio. Tentativi che nascono dalla paura di essere abbandonato derivante dai traumi di cinque anni di casa famiglia. Non ha un lavoro, non ha una patente, non ha concluso gli studi. Non ha prospettive di futuro”. “Limata ha agito per salvare la sua amata, lei lo ha assecondato. L'avvocato ha chiesto, al termine dell'arringa, che “Limata venga dichiarato non imputabile, in alternativa il minimo di pena”. Ora si attende la sentenza.