Faicchio

Fra tre mesi saranno sette anni e mezzo. Ne sono trascorsi tanti dal momento in cui era stato trovato senza vita. Era il 13 maggio del 2008: una data segnata in rosso sul calendario dei casi irrisolti. Quello dell’omicidio di Biagio Di Meo, 38 anni, un artigiano di Faicchio. Ucciso con un colpo di pistola. Legato e poi gettato nel fiume Volturno. Nessuno sa chi l’abbia fatto e perché abbia stroncato quella giovane esistenza.  Le indagini non hanno dato fin qui una risposta alle molteplici domande. Non sono mancate le piste battute, nessuna di esse ha però superato la soglia del solo sospetto. Ne erano stati avanzati tanti, all’epoca. Un omicidio senza soluzione, uno dei tanti che affollano gli archivi di cronaca.

Era stato un agente della polizia stradale, in servizio a Caianello, a dare l’allarme.  Mentre stava pescando sulle sponde del Volturno, in un tratto di trecento metri, abbastanza profondo, che bagna la località Selvapiana di Alvignano, in provincia di Caserta, la sua attenzione era stata richiamata dalla presenza nell'acqua di un cadavere  rimasto impigliato in alcuni arbusti. Una macabra scoperta. Non erano state agevoli le operazioni di recupero, complicate dalla corrente. Sulle prime si era pensato che quel corpo senza vita fosse di un imprenditore di Alife, sparito da alcune settimane. Ma era bastato dare un'occhiata agli indumenti per capire che non era così. Quell'uomo era Biagio Di Meo. Aveva gli stessi abiti che indossava trentotto giorni prima, quando era scomparso. Pantalone di velluto, maglione a righe di colore rosso scuro, stivaletti, l’anello, la collanina ed alcuni braccialetti che portava sempre.

Era sparito nel nulla il 7 aprile del 2008. Un lunedì. Uscito di casa, era salito a bordo del suo Nissan ed aveva raggiunto una seconda abitazione in via Cortesano. Un cliente gli aveva commissionato un lavoro, doveva piallare alcune tavole di legno. Aveva però dimenticato un attrezzo assolutamente indispensabile, per questo aveva inviato un sms alla sua convivente, all’epoca in stato di gravidanza, per   chiederle la cortesia di portarglielo. L’orologio segnava all’incirca un quarto d’ora dopo le 8.

La donna era arrivata un’ora più tardi ma lui non c'era.  Aveva pensato che si fosse spostato da qualche altra parte, che avesse avuto un impegno improvviso.  Il fuoristrada era fermo nei pressi dello stabile, con le chiavi inserite nel cruscotto. La speranza di vederlo rientrare si era infranta in serata. Biagio non era rincasato,  non era da lui allontanarsi senza avvertire chi gli stava vicino. Da qui la preoccupazione per le sue sorti. La sorella e la compagna avevano avvertito la polizia. Gli agenti del Commissariato di Telese Terme   avevano operato un primo sopralluogo ed i rilievi del caso.

Le indagini erano poi state affidate alla Squadra mobile. Da quel momento in poi sul destino di Biagio Di Meo era calato il silenzio. Cellulare muto, nessuna traccia. Le ricerche condotte dalle forze dell'ordine in un'area molto vasta si erano rivelate inutili. Della sua sparizione si era occupata anche la trasmissione Rai 'Chi l'ha visto?', con un servizio andato in onda il 5 maggio. Erano state numerose le segnalazioni giunte in quelle settimane, in tanti avevano telefonato perchè convinti di aver individuato l’uomo che nessuno aveva più visto. Indicazioni che non erano state però accompagnate da risultati positivi, da notizie concrete. Quelle che aveva invece restituito, purtroppo, il fiume. A distanza di trentotto giorni e ad una quindicina di chilometri da Faicchio. Un luogo scelto sulla base di precise conoscenze.

Dall’autopsia che il sostituto procuratore Marcella Pizzillo aveva affidato al professore Fernando Panarese era emerso che il 38enne era stato ammazzato con un colpo di pistola esploso dall'alto verso il basso, di grosso calibro, forse 38. Un solo colpo alla fossa giugulare, vicino alla clavicola, che gli aveva reciso i vasi polmonari. Il   corpo era stato poi   zavorrato da una pietra, legata ad una corda stretta all'altezza dei fianchi, e lanciato nell’acqua. Da almeno due persone.

Il medico legale aveva anche disposto una serie di test per capire  se la vittima fosse stata gettata nel Volturno quando era già senza vita. Nel mirino degli investigatori, le modalità del delitto. Chi aveva fatto fuoco era molto più alto della vittima, oppure aveva sparato mentre Biagio Di Meo era accovacciato o inginocchiato. L'ipotesi più accreditata dagli inquirenti è che la mattina del 7 aprile il 38enne sarebbe salito a bordo dell'auto degli assassini. 

Nessun elemento utile nel fuoristrada, nessun segno di colluttazione all'interno ed all'esterno dell'abitazione di via Cortesano; probabile, dunque, che conoscesse coloro che gli avrebbero teso una trappola, che l’avrebbero ammazzato? Dove? Nella zona dove era stato trovato il corpo o altrove? Dubbi uno sull'altro. Perchè è stato ucciso l'artigiano di Faicchio? Dopo oltre sette anni, quel delitto resta ancora senza colpevoli.

Enzo Spiezia