Avellino

Ogni anno si registrano diversi morti per folgorazione e numerose elettrificazioni (scosse elettriche senza conseguenze mortali) legate all'uso del telefono in bagno, secondo i dati dell'Osservatorio nazionale per la sicurezza elettrica.

 In Italia l'ultima è avvenuta lo scorso 3 maggio: vittima Maria Antonietta Cutillo, 16enne morta a Montefalcione, in provincia di Avellino, quando il cellulare le è caduto nella vasca da bagno.

Una morte avvenuta in diretta video durante la chiamata con un'amica. "Gli esperti, spiegano che 'l'acqua è un conduttore di corrente ed è il motivo che ha scatenato la tragedia. Se il telefono non fosse stato collegato a una fonte di energia da 220 volt non sarebbe successo nulla'. La spiegazione è corretta , almeno in parte.

All'interno dei telefonini odierni c'è una batteria che non rilascia corrente verso l'esterno anche quando il dispositivo è acceso - sottolinea Giovanni D'Agata, presidente dello Sportello dei Diritti -. Non a caso, cresce sempre più il numero di smartphone con certificazione IP67 o IP68, capaci di resistere a cadute accidentali in acqua o a immersioni più profonde e durature, fino a 3 metri e a 60 minuti. Il problema qui è la connessione del cellulare ad una sorgente elettrica, che porterebbe a seri incidenti solo in determinate situazioni. C'è un però: la potenza da 220 volt di cui parla l'esperto non viene trasferita, totalmente, al cellulare perché ridotta e canalizzata dal trasformatore inserito nel caricabatterie. Al contrario, avremmo smartphone bruciato al primo caricamento.

 Le cause vanno allora ricercate altrove. Lo smartphone di per sé non veicola elettricità. Anche se fosse agganciato alla presa a muro e da questo si staccasse per finire in acqua, la quantità di corrente che dalla porta di alimentazione passa per il cavetto non sarebbe tale da causare una folgorazione (si parla di 3 volt). Certo, porte difettose o cavi sbucciati con parti scoperte indurrebbero esiti fatali ma sono solo congetture che le indagini chiariranno. Una possibilità, la principale da vagliare, è quella della caduta in acqua di tutto il caricatore, i cui 'dentini' potrebbero essere il presupposto del passaggio di corrente da una fonte primaria attraverso il conduttore, e da qui alla persona immersa. Una potenza sicuramente minore di 220 volt ma resa rischiosa da alcune condizioni, come l'assenza di un salvavita".

"E' necessario che le case produttrici adottino maggiori accorgimenti, anche in termini d'informazione ai consumatori per evitare che si ripetano casi analoghi".