Napoli

E dunque si può vincere progettando, programmando? Sì, da Napoli arriva un messaggio ben preciso, e nel momento giusto (a volerlo cogliere).
In un calcio senza soldi, malato e indebitato il Napoli dice che esiste una strada diversa dalla “paccata di miliardi” per vincere.
Già, perché in fin dei conti il modello fin qui messo in pratica in Italia è stato quello figlio degli anni '90: prendi i giocatori più forti, con tanti soldi in più degli altri, e ammazza il campionato.
E così è stato: Tevez e Morata, e se per caso la Roma si avvicina basta toglierle Pjanic, e al Napoli Higuain, e poi prendere Cristiano Ronaldo a 35 a costo di rovinare il bilancio.
E l'Inter per tornare a vincere ha preso Conte, e a Conte ha preso Hakimi, Barella, Sanchez, Vidal e prima ancora Lukaku ed Eriksen. Fa eccezione il Milan, con un allenatore usato sicuro e giovani forti, ma trainati da Ibra e Giroud.
Il Napoli ha vinto con coraggio: il coraggio di mandar via Insigne, Koulibaly, Mertens, Goulham, Ospina, Fabian Ruiz, sostituirli o con sconosciuti, come Kvara e Kim o con giocatori di squadre di seconda fascia come Ostigaard e Simeone. Passando un'estate a prendersi improperi e insulti, e col rischio altissimo che se le sostituzioni di big con calciatori con alle spalle qualche campionato in Russia o in Turchia si fossero rivelate flop ci sarebbe stata la rivoluzione.
E invece no: si è vinto incassando dai big e tagliando il monte ingaggi e con uno scouting che ha portato calciatori già pronti.
Kim è meno spettacolare di Koulibaly, ma è più affidabile perché fa meno errori, semplicemente; Kvaratskhelia è una perla rara: dribbla gli avversari, azione che praticamente è in via d'estinzione nel calcio modello coi calciatori costretti a scaricare palla al compagno piuttosto che tentare di saltare l'avversario, tira da fuori, segna e serve più assist di tutti gli altri calciatori della Serie A.
Ha segnato gol pesantissimi Simeone, pur giocando poco, e altrettanto pesanti li ha segnati Raspadori, l'acquisto più costoso della stagione relegato in panchina da un fenomeno come Osimhen.
Un messaggio importante: un messaggio importante perché oggi anche Roma, Lazio, Fiorentina sanno che con gli innesti giusti, non necessariamente campionissimi (e soprattuto senza spendere troppi soldi), e creando il giusto progetto si può vincere.
Si può vincere con lo scouting, al netto però della consapevolezza che il colpo Kvaratskhelia è un po' il Santo Graal del dirigente sportivo e non riesce sempre, lo stesso Giuntoli prima di arrivare alla stagione perfetta di errori ne ha commessi, da Grassi a Maksimovic, da Rog a Diawara, da Pavoletti a Ounas a Malcuit. Ma si passa per gli errori, chiaramente.
D'altronde in un mondo del calcio in cui arrivano messaggi come quello del Chelsea, con 600 milioni di euro spesi tra estate e inverno in una sola stagione, per ritrovarsi undicesimo in Premier League e fuori ai quarti di Champions, di un Paris Saint Germain che ai quarti neppure ci arriva e che deve lottare in una Ligue 1 contro squadre che costano quando un solo loro calciatore è evidente che bisogna andare verso un modello di sostenibilità.
Sostenibilità che per una squadra di Serie A non può essere il cimitero d'elefanti, ospitando i campioni che furono, per quanto calciatori sublimi, vedi Di Maria.
Un percorso che avrebbe dovuto ricevere il favore degli addetti ai lavori, e che invece è stato per settimane ignorato, poi osteggiato nella speranza qualcosa si inceppasse, e solo quando ormai era evidente il trionfo riconosciuto come vincente: cui prodest?
Oggi specie in Serie A grosse alternative non ce sono: scouting e capacità di individuare nei campionati emergenti calciatori non solo bravi ma anche pronti, coraggio nel puntare sui giovani e nel rinunciare a chi ormai ha dato tutto, mantenere i bilanci in ordine senza artifizi. Si può fare.