Napoli

La ferocia di Osimhen. Sì, se c'è una caratteristica principale da esaltare, poiché chiave dello scudetto 2023 è sicuramente la mentalità del nigeriano.
E' quella che ha cambiato lo spogliatoio del Napoli: quello che è mancato negli anni, negli ultimi anni in cui almeno tre volte si è sfiorato lo scudetto è stata (anche) la mentalità.
Figlia dei leader che furono e dunque musona, come Insigne, forte, ma schiacciato dal peso della sua napoletanità e spesso tradito da ciò nei momenti difficili, spegnendosi quando il “tiraggiro” non entrava o battibeccando col pubblico ai primi rumoreggiamenti. Una mentalità schiava della bellezza come Koulibaly: magnifico nel suo incidere e nei recuperi grazie alle doti tecniche e a madre natura...ma con una fiducia nei suoi mezzi che spesso si è trasformata prima in superbia e poi in superficialità, con baggianate costate care.
Osimhen si è preso in mano lo spogliatoio orfano dei suoi leader, instaurando la sua legge, che si sostanzia in un praticissimo: bisogna fare di tutto per vincere, e basta.
Per carità, ci ha dovuto lavorare pure il nigeriano e chi l'ha avuto tra le mani per arrivare al risultato dell'ultima stagione: va ricordato l'Osimhen prima maniera devastante sì, ma con quella voglia di vincere che spesso lo portava a litigare con arbitri e avversari finendo ammonito o espulso o comunque innervosito, o a correre su ogni pallone, pure quelli inutili, sfiancandosi, inutilmente.
E il nuovo Osimhen invece è stato quello non solo in grado di spaccare le partite come contro la Juventus, le due gare contro la Roma con vittorie figlie di suoi capolavori, ma anche di riprendere quelle che si erano messe male come quella di Bergamo contro l'Atalanta (quella che ha consegnato il primo primato solitario in classifica), pareggiando di testa e bevendosi Demiral per il vantaggio di Elmas.
Intollerante all'errore, suo altrui, ma in questa stagione anche leader nell'aiutare i compagni a tirarsi su dopo gli errori, come quando Kvara ha sbagliato due rigori in Champions League.
E forse proprio Kvara ha contribuito a questo processo di crescita: tecnico, tra i pochi giocatori che ancora dribblano l'avversario è stato un partner ideale per Osimhen, pronto a guardarlo appena avesse il pallone tra i piedi per dettargli l'assist, o a leggere nel pensiero del georgiano per capire dove gli avrebbe dato il pallone.
Ne è nato un Napoli che si è divertito, ha giocato bene ma non si è specchiato mai o quasi mai nella sua bellezza magari per poi farsi sfuggire il risultato (vedi Empoli, scorsa stagione), ma è stato feroce nel prendersi tutte le vittorie che voleva; un Napoli che non è andato in psicodramma alle prime difficoltà come accadeva in passato, ma che quando ha preso qualche botta ha reagito (nella stragrande maggioranza dei casi) come Mark Renton quando in Trainspotting viene investito da un'auto: facendosi una risata. E oggi quella risata se la fa un popolo intero.