Napoli

La diagnosi in medicina - come vuole la sua origine etimologica greca - è un profondo (e fertile) processo di conoscenza del paziente, della sua malattia ma anche del suo intero vissuto (in salute o in morbilità). È un atto astrattivo e complesso, ma anche profondamente cognitivo e morale, che trova nella sintesi eponimica il suo doveroso epilogo. Diceva un mio grande maestro di studi del sistema nervoso e del metodo clinico (ma anche di vita) che l'obiettivo del buon medico è interpretare le storie raccontate dal malato, possibilmente senza governarle, per giungere naturalmente alla loro giusta conclusione, la diagnosi appunto. E questa, per quanto possibile, deve godere del beneficio dell'unicità, deve cioè spogliarsi dei vincoli dell'ovvietà, dell'ignoranza e della superficialità, per evitare (ove possibile) di disperdersi in mille rivoli, che generalmente non fanno altro che allontanarci dalla verità assoluta.

Un nobile processo di maieutica socratica, insomma, in cui la malattia apparirà lampante agli occhi del clinico come un bambino che fuoriesce dal canale del parto alla fine di un travaglio (maieutica significa proprio ciò).

In questo rapporto dialogico tra intervistato e intervistatore, osservato e osservatore, la vera grande protagonista sarà - nulla è mai possibile senza - l'empatia, quella capacità unica e irripetibile di "mettersi nei panni dell'altro", accompagnandolo in un percorso di vera condivisione del suo disagio, della sua emarginazione, della sua inappellabile sofferenza.

Sono all'ordine del giorno e in ogni angolo di questo paese le storie pubbliche, vere o presunte, di "malasanità", che hanno - irrimediabilmente e senza che nessuna legge sia stata in grado di porvi un freno - alterato il rapporto fiduciario tra medico e paziente, regolato ormai da un opprimente manuale Cencelli delle azioni "utili" o "necessarie" per giungere a una diagnosi o scegliere una terapia, che vada genericamente sotto il nome di "medicina difensiva".

Ora, finché quest'ultima resta nell'ambito, pur ormai divenuto pervasivo, della "positività" - mi cautelo ricorrendo a servizi diagnostici e terapeutici non necessari - l'onere ricade, finanziariamente e non solo, tanto sulla collettività quanto sul paziente, ma quando assume i panni omissivi e odiosi della "negatività" - evito di parlarti, vederti, sentirti per non incorrere in un errore che potrà ritorcersi contro di me - allora, in quanto atto contrario all'agire medico, negazione della sua stessa sussistenza, orrenda pratica di "emarginazione" fisica ed emotiva del paziente, meriterebbe la radiazione di quel soggetto dalla sua categoria professionale.

Non è solo una questione di giuramento di Ippocrate, ma di ruolo sociale e morale di una moltitudine di persone che hanno scelto liberamente di imparare e studiare per aiutare gli altri, ancor prima di "mettersi nei loro panni". Quello verrà dopo, se si è in grado di farlo. E qualora lo si fosse, sarebbe opportuno ricordare che solo da questo scambio continuo di parole, sguardi, umori, solitudini e dolori che nasce in sostanza la diagnosi, non un atto conclusivo quindi, come avevo scritto erroneamente in premessa, ma iniziativo di un rapporto unico e irripetibile che migliora tanto chi esegue la prestazione sanitaria quanto chi se ne beneficia. Anche perchè, senza tirarla tanto per le lunghe, dovrebbe essere il riconoscere socratico della propria ignoranza il primum movens del medico (con il conseguente e nobile desiderio di affrancarsene), come il sapere, secondo gli immortali insegnamenti del grande clinico William Osler, che, se hai orecchie per intendere, è "il paziente a dirti la diagnosi".

Dove gli organi uditivi qui citati sono solo metaforici, essendone necessario in realtà (sempre metaforicamente) uno solo che, grazie a Dio, alberga un po' più in basso, un po' più in fondo, un po' più a sinistra e che, guarda caso, dà prova incessante di sé fino al nostro ultimo respiro. Come si conviene a un medico, appunto, da cui quel muscolo palpitante non può e non deve essere disgiunto.

*Neurologo - responsabile sezione Sanità Confindustria Benevento