Si intende per prediabete una predisposizione a contrarre la malattia, per familiarità (genetica), per incongruo stile di vita, etc.
Bisogna trattare il prediabete? Il problema si dovrebbe porre ai medici curanti quando essi riscontrano in laboratorio una disfunzione metabolica non ancora patologica, e senza apparenti segni clinici. Intanto bisognerebbe allarmarsi per la diffusione del problema. La prevalenza del prediabete (il numero in percento delle persone prediabetiche), tende sempre di più ad aumentare. Essa potrebbe quasi raddoppiare nei prossimi nei prossimi venti anni, e riguarderebbe in modo particolare i paesi emergenti, in via di sviluppo. Ma questa situazione riguarda anche i paesi industrializzati, raggiungendo il 12% nel Canada, subito dietro il Portogallo, gli Stati Uniti, il Messico, e l’Italia.
Gli specialisti non esitano a parlare di una pandemia di prediabete, che accompagna quella del diabete. Una volta comparso il diabete, possiamo parlare di una malattia associata ad una morbidità elevata e ad un aumento della mortalità. Il diabete è la prima causa di cecità per le persone di meno di 65 anni, la prima causa di insufficienza renale terminale e, con la neuropatia, le malattie vascolari periferiche, e il piede diabetico, la prima causa di amputazione non traumatica degli arti inferiori. Tutto ciò senza dimenticare il ruolo maggiore del diabete nella comparsa delle malattie cardiovascolari.
Bisogna anche evocare il peso economico e sociale di questa malattia. Essa pesa sulla società, sulla salute pubblica, sull’economia dei sistemi della salute e sull’economia in generale. Ciò giustifica di assumere a parte intera il problema, allo scopo di impedire che i prediabetici possano diventare dei diabetici conclamati. Ma già il prediabete favorisce delle complicazioni macro-vascolari (coronarie, carotidi, arterie degli arti inferiori, etc.), e micro-vascolari (retinopatie, nefropatie, neuropatie, etc.).
Il rischio delle malattie cardiovascolari si raddoppia nel prediabete, così come nel diabete conclamato. Per tutte queste ragioni bisogna intervenire allo scopo di diminuire, rallentare, e prevenire la progressione della malattia. Concretamente, in che modo?
Sono state testate numerose molecole come la metformina, il glitazone, l’acarbosio. Sembra che quest’ultima molecola sia la più efficace. Ma è la prevenzione che da i risultati più concreti. La pratica di un’attività fisica continua e ben programmata, di tipo aerobico, il rispetto di un regime alimentare corretto e personalizzato, possono prevenire o almeno ritardare, nei prediabetici, la comparsa del diabete. Degli studi effettuati in Canada hanno dimostrato che il cambiamento dello stile di vita, in queste persone (prediabetici) può ridurre del 50% il rischio della comparsa di un diabete conclamato.
L'autore è Medico - Endocrinologo