Benevento

La Procura ha chiesto l'archiviazione perchè non ritiene sussistente alcuna responsabilità in capo ai medici del San Pio: una conclusione che non ha convinto la parte offesa, che, rappresentata dall'avvocato Nino Lombardi, per questo si è opposta, rendendo inevitabile la fissazione di una camera di consiglio dinanzi al gip Gelsomina Palmieri. Sarà lei il 15 maggio a decidere quale destino debba avere l'inchiesta, contro ignoti, sulla morte di due persone- padre e figlio- tra il 31 dicembre del 2020 e il 20 gennaio del 2021.

Il punto di partenza è un 80enne di Benevento che a metà dicembre del 2020 si era ricoverato per un intervento. Il tampone al quale era stato sottoposto in entrata era risultato negativo, l'operazione era stata eseguita il 18 dicembre. Tre giorni più tardi il paziente era stato dimesso: una volta a casa, il 22 dicembre erano comparsi febbre ed astenia, sintomi di una infezione da Covid. Il 27 dicembre, complici i problemi respiratori, aveva raggiunto il pronto soccorso dell'ospedale. Positivo al Covid, era stato trasferito in un reparto dedicato, dove, nonostante le cure ricevute, il suo cuore si era fermato.

Il figlio, un 58enne affetto da tempo da una malattia ematica, il 28 dicembre aveva dapprima fatto un tampone che ne aveva accertato la positività al virus, poi una Tac al torace che non aveva restituito segni di polmonite. Il 10 gennaio del 2021 aveva accusato una dispnea che aveva reso necessario il trasporto al San Pio: era stato ricoverato nello stesso reparto che aveva ospitato il genitore, e come lui era morto il 20 gennaio. Una consulenza affidata al medico legale Emilio Doro aveva ritenuto altamente probabile che l'anziano avesse contratto l'infezione tra il 16 ed il 21 dicembre del 2020, quando era in ospedale, anche senza escludere in assoluto la possibilità di un contagio extra domiciliare tra l'11 ed il 15 dicembre.

Secondo la parte offesa, si può dunque ragionevolmente pensare, “con un grado di probabilità prossimo alla certezza, che l'80enne abbia contratto il virus, poi trasmesso al figlio, proprio in ospedale, il che è stato reso possibile da una condotta imperita, imprudente o negligente posta in essere dai sanitari, per il mancato controllo con un tampone in uscita, anche a prescindere dall'eventuale assenza di norme e protocolli che ne imponessero l'obbligo”.