Tre anni – uno in più di quelli proposti dal Pm (vpo Angela Sorvillo)-, l'interdizione per cinque anni dai pubblici uffici, la revoca della patente, il risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, ai genitori, parti civili, ed il pagamento in favore degli stessi di una provvisionale di 20mila euro.
Mancavano pochi minuti alle 13 quando il giudice Daniela Fallarino ha letto il dispositivo della sentenza di condanna per Massimiliano Corvelli (avvocati Vincenzo D'Apolito e Nicola Palmiotti), 31 anni, chiamato in causa per la morte di Francesco Sepe, neanche 16 anni, di San Bartolomeo in Galdo come l'imputato, avvenuta il 27 agosto del 2018, una settimana dopo un incidente stradale.
In aula c'erano il papà, la mamma e due zie del ragazzo, si sono portati le mani al volto quando hanno sentito quelle parole: epilogo di primo grado di una richiesta di giustizia per la quale in questi anni si sono spesi allo spasimo.
Quella sera Francesco era in sella ad un motorino che l'Alfa 145 guidata da Corvelli aveva travolto. Era stato trasportato in ospedale a Benevento, dove le complicanze cerebrali e cardiorespiratorie del politraumatismo subito non gli avevano dato scampo.
Un dramma che a gennaio era stato purtroppo rivissuto durante il confronto tra i consulenti tragicamente illuminato dalle immagini registrate da due telecamere di sorveglianza. Fotogrammi angoscianti: erano le 20.18'.31” quando lungo via Variante, alle porte di San Bartolomeo, era comparso il ciclomotore di Francesco, che , munito di casco, aveva azionato la freccia a sinistra e si apprestava a svoltare verso vico Sesto Cimitero vecchio. Era stato investito dall'Alfa 145 che procedeva nello stesso senso di marcia ed aveva già sorpassato tre auto. La velocità al momento dello scontro era “di 83 km/h, ma prima era più alta”.
La difesa aveva insistito sul fatto che il giovane si trovava a ridosso della carreggiata di destra e non aveva, in vista della svolta, cambiato direzione, e che non si era girato per vedere chi stava sopraggiungendo.
Oggi la discussione, nel corso della quale i legali di Corvelli avevano sollecitato l'assoluzione del loro assistito, per la cui dichiarazione di responsabilità si erano espressi gli avvocati Giampaolo Benigni e Italo Benigni, per le parti civili.