Si fa presto a parlare di home schooling. Dall’estero, dove lo era già da qualche tempo, la tendenza a impegnare i propri figli in percorsi formativi alternativi rispetto alla scuola tradizionale è arrivata anche in Italia dove, secondo gli ultimi dati ufficiali disponibili, c’erano oltre quindicimila bambini che studiavano in famiglia nell’anno scolastico 2020/2021: un numero che con ogni probabilità nel frattempo è aumentato. Dell’istruzione parentale si vantano in genere la comodità, dal momento che ogni genitore è libero di strutturare le attività formative tenendo conto dei propri ritmi e di quelli del proprio bambino, e la capacità di valorizzare interessi, propensioni, talenti del singolo studente adattandosi alle sue reali esigenze formative e non limitandosi a seguire schemi e tabelle. Cosa vuol dire, però, veramente fare home schooling? Chi voglia approfondire la questione, trova tutte le informazioni complete qui. Di seguito proveremo a evidenziare, invece gli aspetti forse ancora meno noti dell’istruzione parentale.

Istruzione parentale e home schooling in Italia: tre aspetti che non tutti i genitori considerano

Una delle cose che non tutti sanno sull’istruzione parentale è che è vero solo in parte che è stata importata in Italia dall’estero. La Costituzione, infatti, prevede per le famiglie il diritto/dovere di provvedere all’educazione dei figli e di farlo in maniera sussidiaria alla scuola pubblica: è in questa previsione che si può rintracciare il presupposto che rende legale l’home schooling in Italia. Diverse circolari ministeriali sono intervenute nel tempo a chiarire la questione, disciplinandone aspetti specifici come chi e quando può fare domanda di istruzione parentale, dimostrando di avere che requisiti, eccetera. Attualmente una serie di regole per l’home schooling lo rendono, insomma, una delle tante opzioni che le famiglie hanno a disposizione per la formazione dei figli.

Esattamente come quelli conseguiti da chi studia in una scuola privata o in un istituto paritario, i titoli ottenuti studiando in home schooling sono validi e possono essere sfruttati per tutti gli effetti di legge (iscrizione a percorsi formativi di grado superiore o a concorsi, partecipazione a selezioni e graduatorie, sui curriculum, eccetera). Questo aspetto è, forse, meno noto semplicemente perché non molto noto è a propria volta come si conclude un percorso di istruzione parentale. Alla fine di ogni anno scolastico, in genere entro giugno, l’alunno che ha studiato in home schooling deve sostenere un esame di idoneità davanti a una commissione di insegnanti: solo se lo supera con profitto – le prove sono inerenti ai programmi ministeriali previsti per i vari ordini e gradi – può passare all’anno scolastico successivo. Se svolto alla fine di un ciclo scolastico (la terza media, il quinto anno di scuola superiore, eccetera), l’esame di idoneità serve ad accedere agli esami conclusivi: l’alunno che ha studiato a casa dovrà sostenere, cioè, un altro esame per conseguire da esterno la licenza media, il diploma, eccetera.

L’aspetto forse meno noto dell’istruzione parentale rimane, comunque, che la formula non prevede che siano necessariamente i genitori – o chi ne fa le veci – a occuparsi in prima persona e direttamente dell’istruzione dei figli. L’home schooling, in altre parole, può non essere semplicemente scuola a casa e anche se si è scelta l’istruzione parentale si possono delegare ad altre figure, come quella di un insegnante privato o di un docente di una scuola online, le attività formative dei figli. Alle famiglie che optano per l’home schooling è chiesto in Italia, infatti, come unico requisito di avere mezzi personali e/o economici adeguati allo scopo.