Diciamolo chiaro e tondo, Napoli-Milan avrebbe dovuto essere la prova generale per la "guerra" tra le due formazioni che si sarebbe combattuta da lì a poco in Champions. Altro che colomba e rami d'ulivo. E che scaramuccia, battaglia tattica, sfoggio di muscoli o urlo di terrore poteva mai essere quella tenzone preparatoria contro i rossoneri in gita domenicale se poi le veniva a mancare il condottiero invincibile, l'eroe imperscrutabile (anche perché fornito di opportuna e criptica maschera), l'Achille delle dolci coste di Neapolis, l'aizzatore di masse adoranti, l'uomo dei sogni?
Una improvvida pausa delle mai così inutili nazionali - sulla nostra stendiamo il consueto velo pietoso - aveva infatti sottratto alla sfida, sì ininfluente ma tanto necessaria da poter risultare decisiva, il nostro Victor Osimhen.
E di questo si parlava da giorni, come se veramente fossimo in un episodio della serie cinematografica di Superman o di Thor ma senza il protagonista. "Lesione distrattiva del muscolo adduttore della coscia sinistra", questa era la sentenza di un qualche medico scrupoloso sull'arto d'ebano del nostro Lancillotto. E tutti a ricamarci su, chi con una benevole ironia (parafrasando sulla "distrazione assolutamente irresistibile" della Legge di Murphy), chi con la insopportabile sicumera del "ve lo avevo detto" (perfino giornalisti generalmente sapienti ne erano stati avvinti) e chi con tanto sfacciata antisportività da apparire inopportuno trionfalismo. Certo la paura serpeggiava nell'animo dei tifosi azzurri.
Chi ci avrebbe guidato contro i bellicosi meneghini ancora memori "dell'ingiusta sconfitta" patita all'andata? Hai voglia a dire "sette vittorie in sua assenza", erano altri tempi, la squadra azzurra era governata dalla sfrontatezza e dalla gioventù, non si era ancora "adagiata" su uno spartito tattico che prevedeva lui e solo lui. Lancio lungo e pedalare. Bisognava ritrovare, e in fretta, le ragioni dello stare vicini, del dialogare nello stretto, del dai e vai (in cui peraltro il Cholito e, in modo diverso, Raspadori erano maestri), della leggerezza che avevamo senza perdere la forza che abbiamo.
Come Spalletti anch'io ero "curioso" di vedere il risultato di questa ennesima mutazione, qualunque fossero le "sorpredenti" soluzioni tattiche adottate dal Milan. Senza Osimhen, c'erano solo uomini, troiani contro greci alle porte di Troia. E la storia (ahimè) è stata ribaltata.