“E’ sempre doloroso commentare il suicidio di un collega, l’agente in servizio al carcere napoletano di Secondigliano che ieri si è tolto la vita. Ma, per chi ha responsabilità di rappresentanza sindacale, è soprattutto una doverosa occasione per interrogarsi sulle motivazioni e per riaccendere l’attenzione sulle condizioni di lavoro del personale penitenziario sempre più segnate da turni estenuanti per la nota carenza di personale e da stress determinato dalle continue aggressioni da parte di detenuti, oltre che da sospensioni dal servizio e provvedimenti disciplinari”.
Ad affermarlo è il segretario generale del sindacato polizia penitenziaria Aldo Di Giacomo, sottolineando che “il numero dei “suicidi in divisa” segna un incremento allarmante.
Nel 2022 sono stati 5 i suicidi tra il personale penitenziario con un totale di 72 suicidi tra gli appartenenti di tutti i corpi di polizia e militari, vale a dire uno ogni cinque giorni. Nel 2020 e nel 2021 erano stati rispettivamente 51 e 57. Da aggiungere agli 84 suicidi di detenuti nell’anno orribile 2022. Ma i “freddi numeri” - aggiunge Di Giacomo - non danno l’idea precisa del dramma umano che vive chi arriva a togliersi la vita.
È indubbio, come confermano esperti e psicologi che se stanno occupando, quanto la dimensione del benessere/malessere individuale sia fortemente legata al contesto lavorativo nel quale i militari si trovano inseriti, e la percezione di tale dimensione è strettamente correlata alle dinamiche interattive e relazionali, ai conflitti emotivi che ne possono scaturire. Dunque non può che crescere la nostra preoccupazione specie per alcuni fattori tra i quali l’età media alta, organici ridotti, turni massacranti, le sanzioni e i provvedimenti disciplinari”.
Nel ricordare che “nel 2019 è stato istituto per decreto del Ministero dell’Interno un osservatorio permanente interforze sul fenomeno suicidario tra gli appartenenti alle forze di polizia” Di Giacomo afferma che “non è più sufficiente “osservare” e studiare.
Quello che si può e si deve fare e lo chiediamo al Ministro della Giustizia e tutto il Parlamento è predisporre misure ed azioni anche in campo di assistenza socio-sanitaria e psicologica, per rendere il lavoro degli uomini e delle donne in divisa prima di tutto più sicuro e meno stressante. Noi abbiamo in proposito definito un pacchetto di misure - che abbiamo chiamato “Salviamo la polizia penitenziaria” - più urgenti da varare e rinnoviamo la disponibilità al confronto”.