Prove Invalsi, nuovo intervento dell'avvocato Gino De Pietro, stavolta sui risultati della classe finale delle scuole medie superiori
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Alla fine del corso di studi medio superiore l’INVALSI effettua l’ultima verifica dei risultati conseguiti dagli studenti in Italiano, Matematica e Inglese.
Si ripete qui l’osservazione fatta nel precedente contributo in argomento pubblicato il 14 marzo: se fino alle scuole medie il vaglio sulle competenze maturate e le conoscenze acquisite può riguardare solo la lingua madre e la matematica per l’importanza strategica che tali materie, trasversali, hanno nell’acquisizione della conoscenza in generale, alle scuole superiori non si sarebbe dovuto trascurare di vagliare quantomeno una materia caratterizzante il corso di studi, come il Latino al Classico o la Fisica allo Scientifico.
Ripetuta sinteticamente tale critica che sottolinea l’insufficienza della valutazione compiuta dall’Istituto, per limiti strutturali della rilevazione, andiamo a vedere come vanno le cose tra i nostri giovani.
Vale la pena, innanzitutto, evidenziare che il diploma di scuola media superiore rappresenta oggi, nelle società complesse in cui viviamo, quello che a fine ottocento rappresentava la licenza elementare o nella metà del secolo scorso la licenza media inferiore: un titolo idoneo a far accedere ad un lavoro dignitoso in cui siano richieste medie capacità non costituite esclusivamente da aspetti manuali e di fatica. A tale funzione di accesso al mondo del lavoro qualificato si dovrebbe aggiungere una formazione culturale generale di base adeguata all’esercizio di una cittadinanza attiva. Vale a dire che chi, al giorno d’oggi, in una società occidentale ad economia avanzata, non abbia conseguito un diploma superiore non solo rischia di restare ai margini del mercato del lavoro ma è condannato anche a non comprendere effettivamente neanche i suoi diritti di cittadino, il sistema di formazione della volontà politica, le forme fondamentali in cui si esercita la sua vita di essere umano e di animale politico.
Un livello di conoscenze inadeguato agli standard minimi ritenuti adeguati rappresenta, quindi, la certificazione che una parte dei cittadini italiani non abbia concrete possibilità di trovare un lavoro dignitoso e qualificato e nel contempo comprenda ben poco della sua naturale funzione di cittadino e di componente di una società.
Il sistema di valutazione INVALSI prevede, come per la scuola media inferiore, cinque livelli. Ripeto, per chi non avesse letto i precedenti interventi, la classificazione. Il primo, consistente in un risultato molto debole, corrisponde al risultato adeguato per la terza classe o poco più; il secondo corrisponde ad un risultato debole ed insufficiente; il terzo costituisce il livello di adeguatezza; il quarto corrisponde ad un buon risultato, il quinto ad ottimo.
Il primo dato da sottolineare è che, considerando il complesso degli istituti superiori, solo il 52% degli studenti raggiunge in italiano che è lo strumento fondamentale di comprensione di qualsiasi contenuto, il livello 3, considerato di sufficienza e adeguatezza, mentre ben il 48%, cioè poco meno della metà, ne resta al di sotto. Se si aggiunge che più del 20% non arriva neanche al livello 2, già ampiamente insufficiente, il quadro è davvero avvilente e fa comprendere che una quota notevole di diplomati ha un livello di conoscenze adeguato ad uno o due anni meno di studio, come se si fossero fermati al terzo o quarto superiore senza andare avanti. Non sono stati formalmente respinti, ma hanno ottenuto il diploma senza averne i requisiti ed essendosi arrestati ad un livello di formazione e di istruzione corrispondente ad uno o due anni meno di studio, che, irrimediabilmente, non faranno più. Si può ragionevolmente prevedere che la stragrande maggioranza di costoro non proseguirà gli studi, anche se non si può del tutto escludere il contrario, con ripercussioni sul sistema di istruzione universitario costretto a confrontarsi con allievi privi delle conoscenze minime per comprendere i concetti, le idee e i procedimenti delle materie studiate.
Merita di essere sottolineato che, prima del Covid, i risultati medi nazionali erano migliori di ben dodici punti percentuali, ad ulteriore conferma dei gravi limiti della didattica a distanza e della necessità di affrontare la questione creatasi nelle classi studentesche che l’hanno vissuta.
Se si esamina il dato suddividendolo tra i quattro gruppi indicati dall’Istituto: 1. Licei Classici, Scientifici e Linguistici; 2. Altri Licei; 3. Istituti Tecnici; 4. Istituti Professionali, la situazione si presenta molto differenziata. Mentre nel primo gruppo, il 75% degli studenti raggiunge il livello 3, tale risultato scende al 50% per gli altri licei, al 39% per gli istituti tecnici e al 17% per gli istituti professionali.
Differenze così pronunziate nell’acquisizione di un adeguato livello di comprensione nella lingua madre tra gruppi di istituti superiori denotano una notevole debolezza di una frazione sempre crescente di studenti mano a mano che si passa dai licei tradizionali agli altri istituti fino a giungere al professionale.
Se la differenza tra licei tradizionali e istituti tecnici e professionali si presentasse sui livelli superiori (quattro e cinque), la rilevazione mostrerebbe solo che i ragazzi che hanno scelto i tecnici e i professionali non sono dei cultori della letteratura – e ce ne faremmo una ragione visto l’indirizzo di studi prescelto - ma poiché la differenza è fortissima nei livelli di base, il dato è gravissimo perché dimostra che ci sono migliaia di diplomati che hanno conseguito, in ben tredici anni di studio, livelli inadeguati di conoscenza della loro lingua madre.
Se dall’analisi suddivisa per istituti si passa all’analisi per macro regioni, ancora una volta il dato presenta un paese fortemente spaccato. Solo il 40% degli studenti meridionali prossimi al diploma perviene al livello 3, ritenuto adeguato dall’Istituto, con una differenza negativa rispetto al dato nazionale di dodici punti percentuali. Se il raffronto viene effettuato con gli studenti settentrionali, la differenza negativa raddoppia arrivando a 23 punti percentuali. In sintesi, mentre solo, per modo di dire, il 37% degli studenti settentrionali non raggiunge la sufficienza in Italiano, tale percentuale esplode al 60% tra gli studenti meridionali dimostrando che tra queste due parti d’Italia si è scavato un solco difficilmente colmabile e che si aggrava di anno in anno, rispetto al quale nessuna iniziativa viene intrapresa e nemmeno prospettata.
La relazione dell’Istituto pone in rilievo che anche la quota di allievi eccellenti è inferiore nelle macro aree dove i risultati medi sono inferiori e sottolinea l’abbassamento del livello degli stessi licei tradizionali.
Passando alla matematica, la situazione è, more solito, ancora più preoccupante. Solo il 50% degli studenti di quinta superiore, considerando la media nazionale di tutti gli indirizzi, raggiunge il livello 3, considerato adeguato. Ciò significa che il 50%, vale a dire l’esatta metà degli studenti, non perviene ad un livello di conoscenza della matematica sufficiente per la classe frequentata.
Suddividendo l’analisi per indirizzi, benchè la prova per il liceo scientifico presenti quesiti specifici di maggiore difficoltà, sono gli studenti di questo istituto quelli che raggiungono i risultati migliori. A livello nazionale, infatti, l’80% degli studenti del liceo scientifico raggiunge il livello 3, mentre tale percentuale crolla al 43% per gli altri licei, al 49% per i tecnici e addirittura al 18% per i professionali. Tali risultati ci dicono, in sintesi, che più dell’80% degli studenti dei professionali non acquisisce competenze matematiche adeguate e che tale quota si attesta a circa il 50% nei tecnici e a quasi il 60% nei licei diversi dallo scientifico, in cui, invece, solo una quota del 20% non consegue risultati sufficienti.
La retorica di maniera sull’equivalenza degli studi superiori, refrain mai abbandonato da certi politici e maitres à penser, mostra qui tutta la sua inconsistenza, schiacciata dal peso delle cifre e delle osservazioni che dalle stesse logicamente derivano.
Quando si passa all’analisi suddivisa per territori, il dato, ancora una volta, è mortificante per il Sud. Solo il 37% degli studenti superiori – considerando tutti gli indirizzi – raggiunge il livello adeguato, e tale percentuale scende al 33% se si considerano anche le isole, attestandosi rispettivamente a 13 e 17 punti al di sotto della media nazionale. Se il raffronto avviene con il Nord-Est, la differenza negativa balza a 29 e 33 punti percentuali.
Le differenze si attenuano se il raffronto si compie considerando i licei scientifici, in cui il dato del sud è di 10 punti inferiore alla media nazionale e di 22-23 punti rispetto al nord. Al contrario circa il 90% degli studenti meridionali dei professionali resta al di sotto del livello 3 considerato adeguato dall’Istituto.
Si deve registrare che il dato pre Covid per il Sud nei licei scientifici era migliore di ben quattordici punti percentuali, collocandosi solo cinque punti al di sotto del dato medio nazionale. Tale dato dimostra, senza bisogno di ulteriori elementi, che la dissennata politica adottata dalla Campania di tenere chiuse le scuole indiscriminatamente ha contribuito in maniera molto chiara ad aggravare le distanze tra Nord e Sud del paese.
Le conclusioni che si possono trarre dalle rilevazioni INVALSI sono che il paese, nel suo complesso, raggiunge risultati pessimi nella comprensione della propria lingua madre e nelle conoscenze logico-matematiche, ma che tale risultato medio nazionale, già negativo, si aggrava quando l’analisi scende al livello dei singoli indirizzi e delle specifiche macro-aree, dimostrando che esistono profonde differenze tra licei tradizionali e altre scuole, in particolare tecnici e professionali, non tanto nei livelli di eccellenza, in cui sarebbe anche normale, ma nei livelli base, in cui è inaccettabile, mostrando un quadro desolante di istituti superiori in cui altissime percentuali di studenti accumulano un ritardo formativo gravissimo pari anche ad uno o due anni di studio, sia in italiano che in matematica conseguendo un diploma senza avere i requisiti ritenuti adeguati dall’ente demandato alla rilevazione dei risultati scolastici.
Tale gravissima situazione comporta probabilmente un peggioramento del livello anche degli altri studenti che vengono trascinati verso il basso sia dal tipo di istituto frequentato che dal territorio in cui vivono.
L’analisi delle prove finali INVALSI fa comprendere che l’Italia scivola sempre più verso il basso nel sistema formativo non solo nei confronti dei paesi più ricchi e avanzati ma anche in relazione a paesi che una volta venivano considerati del terzo mondo. Perdipiù, l’analisi territoriale mostra un paese spaccato e che si muove a velocità ben diverse senza che i protagonisti politici e culturali avanzino progetti o quantomeno idee per affrontare tale situazione.
Ogni anno, stancamente, si affrontano le prove INVALSI nelle scuole di ogni ordine e grado. Molti insegnanti sono impegnati. L’istituto acquisisce i dati, li elabora e pubblica una corposa relazione corredata di cifre, grafici, analisi settoriali, osservazioni. Il giorno dopo, un bell’articolo nelle pagine interne certifica il disastro della scuola italiana e dopo due giorni, tutto va avanti come prima, senza uno straccio di riflessione pubblica, di dibattito parlamentare o televisivo e, ciò che è peggio, senza nessuna iniziativa politica né dei governi, né dei ministri dell’istruzione, né dei parlamentari meridionali, né dei presidenti regionali, quasi sempre degli dei ex machina per ogni vicenda ma non per la scuola, né dei sindacati o di altre associazioni intermedie. Della scuola e dei suoi risultati sempre più negativi non interessa davvero nulla a nessuno, a vedere l’elettrocardiogramma piatto della reazione politica, sociale e culturale, per non parlare di quella professionale.
Eppure non possiamo non attenderci nulla di buono per il futuro dei nostri ragazzi.