E' riservato ai risultati delle prove Invalsi della seconda classe delle scuole medie superiori, l'intervento dell'avvocato Gino De Pietro
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Giunti al decimo anno di scuola, l’INVALSI effettua un’ulteriore verifica dei risultati conseguiti dagli studenti in Italiano e Matematica.
Un’osservazione preliminare dev’essere consentita. Mentre fino alle scuole medie il vaglio sulle competenze maturate e le conoscenze acquisite può essere circoscritto alla lingua madre e alla matematica per l’importanza strategica che tali materie, trasversali, hanno nell’acquisizione della conoscenza in generale, una volta giunti alle scuole superiori non si sarebbe dovuto trascurare di vagliare almeno una materia caratterizzante il corso prescelto, ad esempio il Latino al Classico, la Fisica allo Scientifico, l’Economia aziendale agli Istituti Commerciali, una seconda lingua straniera al Linguistico e così via. Le scuole superiori sono, infatti, suddivise in vari - forse anche troppi – indirizzi e, per stabilire il livello delle conoscenze acquisite sarebbe necessario verificare i risultati anche di almeno una materia caratteristica dell’indirizzo prescelto: uno studente del classico che non comprenda agevolmente un brano in latino, come uno studente dell’artistico che non sappia disegnare sono comunque degli insuccessi scolastici, senza andare ad investigare, almeno a questo livello, a chi risalga la responsabilità.
Fatta questa premessa che, in qualche misura, rende comunque insufficiente la valutazione compiuta dall’Istituto, per limiti strutturali della rilevazione, andiamo a vedere come vanno le cose tra i nostri adolescenti.
Il sistema di valutazione prevede, come per la scuola media inferiore, cinque livelli. Ripeto, per chi non ha letto i precedenti interventi, la classificazione. Il primo, consistente in un risultato molto debole, corrisponde al risultato adeguato per la terza media; il secondo corrisponde ad un risultato debole ed insufficiente; il terzo costituisce il livello di adeguatezza; il quarto corrisponde ad un buon risultato, il quinto ad ottimo.
Il primo dato da sottolineare è che, considerando il complesso degli istituti superiori, solo il 66% degli studenti raggiunge in italiano, la lingua madre, lo strumento trasversale di comprensione di qualsiasi altro contenuto, il livello 3, considerato di sufficienza e adeguatezza, mentre ben il 34% ne resta al di sotto. A questo deve aggiungersi che più del 20% non arriva neanche al livello 2, già ampiamente insufficiente. Come dire che più del 20% degli studenti italiani alla fine della seconda superiore ha un livello di conoscenze adeguato alla terza media. Non ci sono formali bocciature, ma oltre un quinto dei ragazzi fa parte solo fisicamente di una classe scolastica senza averne i requisiti.
Merita di essere evidenziato che, prima del Covid, i risultati medi nazionali erano migliori di quattro punti percentuali, ad ulteriore conferma dei forti limiti della didattica a distanza.
Se si esamina il dato suddividendolo tra i quattro gruppi indicati dall’Istituto: 1. Licei Classici, Scientifici e Linguistici; 2. Altri Licei; 3. Istituti Tecnici; 4. Istituti Professionali, la situazione si presenta molto differenziata. Mentre nel primo gruppo, quasi l’87% degli studenti raggiunge il livello 3, tale risultato scende al 65% per gli altri licei, al 58% per gli istituti tecnici e a circa il 30% per gli istituti professionali. Differenze così pronunziate nell’acquisizione dell’adeguatezza nella lingua madre tra gruppi di istituti superiori denotano una notevole debolezza di una frazione sempre crescente di studenti mano a mano che si passa dai licei tradizionali agli altri istituti fino a giungere al professionale.
Contrariamente alla retorica di maniera cui hanno recentemente contribuito anche noti maitres à penser in Italia esiste una chiara differenza tra vari tipi di istituti finanche nell’apprendimento della lingua madre - che dovrebbe accomunarci e renderci cittadini liberi e consapevoli, prima di ogni altra cosa - fino al punto da determinare dei risultati inaccettabili come un 70%, negli istituti professionali, o anche un 42%, negli istituti tecnici, di ragazzi che hanno una conoscenza del tutto inadeguata della loro lingua dopo dieci anni di scuola.
Se la differenza tra licei tradizionali e istituti tecnici si verificasse sui livelli superiori (quattro e cinque) allora la rilevazione dimostrerebbe un fatto naturale e perfettamente comprensibile e cioè che i ragazzi che hanno scelto i tecnici e i professionali non sono degli amanti delle belle lettere, ma poiché la differenza è fortissima nei livelli di base, il dato è intollerabile e scandaloso, a mio parere poiché ci dice che elevatissime percentuali di studenti hanno conseguito un livello adeguato solo alla terza media o di poco migliore, pur avendo frequentato per due anni la scuola superiore.
Se dall’analisi suddivisa per istituti si passa all’analisi per macro regioni, ancora una volta il dato presenta un paese fortemente spaccato. Solo il 57% degli studenti meridionali di secondo superiore perviene al livello 3, ritenuto adeguato dall’Istituto, con una differenza negativa rispetto al dato nazionale di nove punti percentuali. Se il raffronto viene effettuato con gli studenti settentrionali, la differenza negativa raddoppia arrivando a 18 punti percentuali. In conclusione, mentre “solo” il 26% degli studenti settentrionali non raggiunge la sufficienza in Italiano, tale percentuale schizza al 43% tra gli studenti meridionali dimostrando che tra queste due parti d’Italia si è formato una sorta di “alto burrato” anche se si continua a non prendere atto del fenomeno.
La relazione dell’Istituto tende a porre in rilievo che anche la quota di allievi eccellenti è inferiore nelle macro aree dove i risultati medi sono inferiori, dato che è probabilmente spiegabile col rallentamento generale del corso di studi determinato dalla necessità-volontà di tenere insieme la classe, senza abbandonare del tutto gli elementi più deboli.
Passando alla matematica, la situazione è perfino più preoccupante. Solo il 54% degli studenti di seconda superiore, considerando la media nazionale di tutti gli indirizzi, raggiunge il livello 3, considerato adeguato. Ciò significa che il 44%, vale a dire circa la metà degli studenti, non perviene ad un livello di conoscenza della matematica sufficiente per la classe frequentata.
Suddividendo l’analisi per indirizzi, benchè la prova per il liceo scientifico presenti quesiti specifici di maggiore difficoltà, sono gli studenti di questo istituto quelli che raggiungono i risultati migliori. A livello nazionale, infatti, l’88% degli studenti del liceo scientifico raggiunge il livello 3, mentre tale percentuale crolla al 48% per gli altri licei, al 53% per i tecnici e addirittura al 17% per i professionali. Tali risultati ci dicono, in sintesi, che più dell’80% degli studenti dei professionali non acquisisce competenze matematiche adeguate e che tale quota si attesta a circa il 50% nei tecnici e nei licei diversi dallo scientifico, in cui, invece, solo una quota di poco più del 10% non consegue risultati sufficienti.
Più plasticamente dobbiamo immaginare una classe di un professionale dove più di otto alunni su dieci non riescono a seguire efficacemente la lezione di matematica e delle classi di liceo classico o istituto tecnico dove circa la metà degli allievi abbia lo stesso problema. Fare lezione in maniera efficace in situazioni simili anche per gli altri allievi è certamente non agevole. Quando in una classe seguono solo quattro su venti o dieci-dodici su ventiquattro non si può essere certi che l’insegnamento sia efficace e venga impartito e recepito effettivamente.
La retorica di maniera sull’equivalenza degli studi superiori, contro cui ha speso, more solito, colte e direi “alate” parole il prof. Galimberti, si dimostra del tutto fuor di luogo nel confronto con la realtà dei fatti.
Quando si passa all’analisi suddivisa per territori, il dato, ancora una volta, è mortificante per il Sud. Solo il 42% degli studenti superiori – considerando tutti gli indirizzi – raggiunge il livello adeguato, e tale pecentuale scende al 36% se ci considerano anche le isole, attestandosi rispettivamente a 12 e 18 punti al di sotto della media nazionale. Se il raffronto avviene con il Nord, la differenza negativa schizza a 23 e 31 punti percentuali.
Le differenze si attenuano se il raffronto si compie considerando i licei scientifici, in cui il dato del sud è di 8 punti inferiore alla media nazionale e di 15-18 rispetto al nord. Al contrario ben il 90% degli studenti meridionali dei professionali resta al di sotto del livello 3 considerato adeguato dall’Istituto.
Le conclusioni che si possono trarre dai dati emersi dalle rilevazioni INVALSI sono che il paese, nel suo complesso, non raggiunge affatto risultati lusinghieri nella comprensione della propria lingua madre e ancor meno nelle conoscenze logico-matematiche, ma che tale risultato medio nazionale, già negativo, si aggrava quando l’analisi scende al livello dei singoli indirizzi e delle specifiche macro-aree, dimostrando che esistono profonde differenze tra licei tradizionali e altre scuole, in particolare tecnici e professionali, non solo nei livelli di eccellenza ma nei livelli base, mostrando un quadro desolante di istituti superiori in cui altissime percentuali di studenti accumulano un ritardo formativo anche di due anni di corso, sia in italiano che in matematica rendendo le classi scolastiche per molti di loro dei luoghi di parcheggio o, peggio, di frustrante mortificazione.
Tale grave situazione comporta altresì un rallentamento generale dell’apprendimento anche degli altri studenti che è come se venissero risucchiati verso il basso dal fatto di frequentare la scuola superiore in un luogo piuttosto che in un altro (il Sud o le isole piuttosto che una città del Nord) o di frequentare un istituto tecnico o professionale piuttosto che il liceo scientifico.
Più si procede nell’analisi delle prove INVALSI compiuta con un minimo di approfondimento, più si coglie che l’Italia scivola sempre più verso il basso nel sistema formativo anche in relazione a paesi meno ricchi e sviluppati economicamente e con una tradizione scolastica meno radicata e che, all’interno del paese, il sistema formativo cammina a varie velocità, molto differenti l’una dall’altra: la massima è quella di un liceo scientifico del Nord Est ben frequentato, la minima è quella di un professionale della Sicilia, con una differenza abissale tra gli estremi e molti gradini intermedi tra gli stessi.
Se si lascia da parte la retorica di maniera, la ricognizione fin qui svolta fa intendere che molti sono i problemi che affliggono il nostro sistema formativo e che è tempo di prendere delle iniziative per giungere a delle soluzioni se non si vuole dichiarare la bancarotta dell’istruzione di qui a non molto a venire.
Deus avertat!