I fatti risalgono al marzo del 2015. Sono trascorsi otto anni, il tempo ha giocato il suo ruolo ed ha reso non più perseguibile l'accusa contestata. Il dibattimento avrebbe dovuto determinarne la fondatezza, ma non inizierà mai. Perchè questo pomeriggio il giudice Daniela Fallarino, accogliendo una eccezione dell'avvocato Marcello D'Auria, ha dichiarato il non doversi procedere, per intervenuta prescrizione dell'imputazione di frode nelle pubbliche forniture, nei confronti di Mariarosaria Favino, amministratore unico della Ristorò srl, e Rossana Porcelli, amministratore di fatto della stessa società che nel 2015 gestiva il servizio di mensa scolastica in città e la somministrazione dei pasti agli anziani e ai disabili delle strutture assistenziali Asl di Morcone, Puglianello, Bucciano, San Bartolomeo in Galdo e Molinara.
Nessun processo, dunque, per una inchiesta rimbalzata all'attenzione dell'opinione pubblica nel dicembre del 2014, e scandita nel novembre del 2016 dal sequestro dei beni, poi annullato, di Favino e Porcelli. Nel luglio del 2020 la richiesta di rinvio a giudizio della Procura solo per frode. Inizialmente erano stati infatti prospettati gli addebiti di truffa e commercio di sostanze alimentari contraffatte e nocive per la salute, dei quali non era poi rimasta traccia.
All'epoca erano stati chiamati in causa anche due soci della Ristorò, la cui posizione era stata successivamente archiviata rispetto a tutte le accuse. Stessa sorte, per quella di truffa, anche per Favino e Porcelli. Due le udienze preliminari: la seconda era stata disposta dal giudice al quale era stato assegnato il processo, con atti di nuovo al Gup, dopo il sì ad una eccezione della difesa.
Nel mirino degli inquirenti “l'utilizzazione di prodotti surgelati (verdure, cosce di pollo e nuggets di pollo)”; la “somministrazione di quantità inferiore per grammatura del cibo giornaliero”, la “preparazione della carne e degli affettati uno o due giorni prima della distribuzione”; il “mancato utilizzo dell’abbattitore di temperatura per le carni, il cui utilizzo garantisce l’abbattimento delle crescita batterica delle carni e per la loro perfetta conservazione”; la “distribuzione dei pasti alle scuole non rispettando il termine di venti minuti dal confezionamento, con ciò comportando un’ alterazione microbiologica e nutrizionale dell’alimento”; il “mancato rispetto delle norme in materia di igiene e sanificazione ovvero nell’utilizzo di una quantità insufficiente e non idonea di detersivo per il lavaggio delle stoviglie utilizzate per la preparazione dei pasti”; il “riciclaggio degli alimenti non consumati dai bambini delle scuole per farli mangiare ai disabili e agli anziani”.
Infine, la “raccolta dei cibo avanzato nelle scuole e il suo riutilizzo per preparare i pasti liquidi dei pazienti anziani e delle strutture psichiatriche”. Un quadro senza la formazione della prova nel contraddittorio: tutto saltato, la scure della prescrizione è stata calata.