«Un tempo tutti quelli che avevano un terreno possedevano anche un asino. Lo utilizzavano per spostarsi o come aiuto nei lavori più duri. Quest’animale rivestiva un’importanza vitale per le prime comunità di Calitri e il suo utilizzo si è mantenuto attivo fino all’inizio degli anni ’70, allora lo chiamavano “la vettura”. Quest’edizione dello Sponz Fest ripercorre proprio gli antichi tragitti compiuti in groppa agli asini, le celebri trazzere. Percorsi che si dipanano fra le anse della valle che cinge Cairano e i suoi meravigliosi paesaggi». Ci spiega Giovanni Briuolo, membro più giovane de La Banda della Posta, il complesso calitrano che ha splendidamente spalleggiato Vinicio Capossela in tante esibizioni in Italia e all’estero. Le musiche della banda narrano di un tempo lontano, quando l’Alta Irpinia era un territorio a forte vocazione rurale e nei borghi ci si riuniva, nel corso degli sposalizi, per festeggiare e far rivivere antiche musiche e tradizioni antichissime. Giovanni scoperchia questo vaso di Pandora e regala a noi di Ottopagine un’intervista di rara intensità, a cavallo fra presente e passato.
Lo Sponz Fest nasce per celebrare il senso d’identità del popolo irpino che si manifestava, in particolar modo, nei momenti di forte comunità. Su tutti gli sposalizi. Tu che li hai vissuti in prima persona, raccontaci di quegli anni.
«Quando noi eravamo giovani, i posti di ritrovo erano davvero pochi, il cinema o la sala giochi, ma l’evento per eccellenza, quello che si attendeva con ansia per mesi, era lo sposalizio. I matrimoni, qui a Calitri, rappresentavano l’esaltazione della nostra vocazione all’ospitalità: arrivavano i parenti dal nord e bisognava far bella figura. Si ballava, si suonava, se eri fortunato si acchiappava anche: mai viste tante ragazze così belle. Fra mazurke, polke, valzer, passo doppio, tango, tarantella, quadriglia e foxtrot, si ballava, si beveva e si mangiava fino ad avere tutti gli indumenti madidi di sudore, sponzando come baccalà, per poi lasciarsi cadere dove capitava. Le tavole erano imbandite di ogni leccornia: cannazze, braciole e ottimo rosso, in un’epoca dove mettere il pranzo a tavola era ancora un’impresa proibitiva per tante famiglie. Lo sposalizio era un sogno ad occhi aperti, in quei momenti noi giovani imparavamo cosa volesse dire appartenere a un popolo».
Parliamo del Festival. Come e quando vi esibirete?
«Nel pomeriggio di venerdì 28 agosto terremo una lezione sulla musica tradizionale destinata ai più giovani. Mentre la sera ci esibiremo nello spazio antistante la Casa dell’Eco, sarà ospite d’eccezione Vinicio. Sabato 29 agosto sarà poi la volta della Notte d’Argento, suoneremo nei pressi dell’antica tratta ferroviaria Conza-Andretta-Cairano. Sarà un grande spettacolo reso ancora più interessante dalla presenza di artisti di spessore internazionale».
Il treno era il perno della scorsa edizione del Festival. Per chi abita dalle vostre parti riveste un’importanza imprescindibile. Cosa simboleggiava per te allora e cosa rappresenta oggi?
(Sorride ndr) «Il treno era la nostra chiave per la libertà. Quando non avevamo ancora la patente andavamo alla stazione, saltavamo sul treno, e via verso nuove avventure. Magari accompagnati da belle ragazze che non vedevamo l’ora di portare lontano dagli occhi del paese e, soprattutto, da quelli dei loro padri. Quante domeniche trascorse in riva al fiume, nei pressi di Aquilonia. Quello era il luogo ideale per starsene un po’ tranquilli, a fare le proprie cose, senza il timore di venire interrotti. Il treno, allora, accompagnava tutte le avventure più importanti delle nostre vite. Oggi è il vecchio amico che ci chiede aiuto e noi, così come Vinicio, non ci sottraiamo».
Vincio lo avete seguito fin dalla prima edizione dello Sponz Fest. Qual è il segreto del grande successo della rassegna?
«Il segreto di Vinicio e dello Sponz, risiede nella capacità di stupire senza stravolgere: trovare un filo logico che tenga insieme musica, teatro, letteratura e tradizioni, arricchendo ogni anno lo spettacolo di sfumature originali che rendano più fruibile e attuale un patrimonio come quello calitrano e irpino in genere, che racchiude al proprio interno una complessa dote di tradizioni, usi e costumi. E poi c’è la passione: Vinicio è un trascinatore straordinario che non si dimentica mai del pubblico; chi assiste ai suoi concerti è protagonista dall’inizio alla fine dell’esibizione. Tutti ballano, cantano, si divertono, salgono sul palco perfino. Non ci sono due dimensioni separate: cantante e pubblico sono egualmente importanti e appartengono allo stesso mondo, quello della musica».
Chiudiamo con uno sguardo al presente: quali sono le prime impressioni su quest’edizione?
«Stiamo confermando i grandi numeri delle edizioni precedenti, coinvolgendo tanti turisti provenienti da fuori regione e, perfino, dall’estero. Lo Sponz rappresenta l’oro di Calitri, le ripercussioni economiche e in termini d’immagine sono state straordinarie edizione dopo edizione. L’incidenza del festival non si vede solo nei giorni della rassegna, ma si protrae anche nei mesi successivi. Rappresenta una vetrina d’eccellenza per Calitri e l’Irpinia tutta. La tradizione si sposa con il presente seguendo l’antico rito calitrano: un’esplosione di colori, odori, sapori e protagonisti, che non possono lasciare indifferenti. Uno spettacolo di rara intensità da vivere in crescendo, sera dopo sera, con la luna che diventa sempre più splendente. Finché la musica tocca il suo apice, fino a che si sponza tutti insieme, esausti ma felici. Il Festival è la metafora perfetta dell’incanto della vita che resiste al giogo del tempo con il quale, troppo spesso, la società moderna ci avvinghia».
Andrea Fantucchio