Tre condanne, un'assoluzione e una dichiarazione di intervenuta prescrizione. Sono le richieste avanzate dal pm Flavia Felaco, che ha ereditato la requisitoria, nel processo a carico di cinque delle undici persone – le altre posizioni erano state stralciate e trasmesse al Tribunale di Avellino, competente territorialmente – rinviate a giudizio nel luglio del 2018 nell'indagine della guardia di finanza sulla Gosaf -sede legale a Montesarchio e base operativa a Sant'Agata dei Goti- , la società di riscossione dei tributi che, dopo aver operato in oltre cinquanta comuni italiani, dall'ottobre del 2014, dopo essere stata sequestrata, è guidata da un commissario giudiziario.
Queste, in particolare, le conclusioni del Pm: 6 anni per peculato a Vincenzo Piccoli (avvocato Marcello D'Auria), 89 anni, di Sant'Agata dei Goti, presidente del Cda della Gosaf ( e non doversi procedere per prescrizione di quattro falsi); 4 anni per peculato ad Anna Maria Guadagno (avvocato Pasquale Matera, sostituito dal collega Massimiliano Ciervo), 68 anni, di Paolisi, responsabile dell'area economica finanziaria del Comune di Paolisi (e prescrizione di tre falsi), e a Domenico Principe (avvocato Sergio Clemente), 75 anni, consigliere comunale a Paolisi.
L'assoluzione dall'addebito di peculato, per non aver commesso il fatto, è stata proposta per Carmine Montella (avvocato Paolo Piccialli), 63 anni, responsabile dell'ufficio tecnico del Comune di Paolisi; mentre la dichiarazione di prescrizione per l'unica contestazione di falso ha riguardato Laura Gabriele (avvocato Romina Macioce), 43 anni, di Isola Liri, responsabile del servizio tesoreria della Gosaf.
A seguire, gli interventi dei legali delle parti civili: i Comuni di Paolisi (avvocato Ettore Marcarelli), Portici (avvocato Diomede Gersone), Anagni (avvocato Pierfrancesco Bruno) ,Crispano (avvocato Raffaele Marciano), San Marcellino (avvocato Marciano), Provincia di Napoli (avvocato Alfredo Perillo) e Provincia di Frosinone (avvocati Andrea Ricciardi e Mariacristina Iadecola). L'11 magio ed il 15 giugno le arringhe dei difensori, poi la sentenza del Tribunale (presidente Fallarino,a latere Telaro e Perrotta).
Nel mirino dei militari della polizia tributaria sono finite le somme che la Gosaf avrebbe incassato e non versato ai Comuni di Portici e Anagni e, nel caso di Paolisi, il denaro – 1 milione e 440mila euro - che la società non avrebbe potuto utilizzare perchè quei fondi assegnati al Comune erano vincolati. Secondo la Procura, per quanto riguarda Portici e Anagni, la Gosaf si sarebbe appropriata, rispettivamente, “di 726mila euro riscossi a titolo di Tarsu e Tefa (tributo esercizio funzioni ambientali), di competenza della Provincia di Napoli” , e “di 1 milione e 600mila euro: 1 milione e mezzo per la Tarsu, di competenza del Comune anagnino, il resto quale Tefa da riversare alla Provincia di Frosinone”.
La parabola discendente della società era cominciata nel luglio 2014, quando la finanza di Caserta aveva sequestrato 778mila euro all'amministratore e a Piccoli. Il sequestro, parzialmente annullato dal Riesame, era stato adottato rispetto ad un'ipotesi di peculato contestata in relazione all'attività svolta dal 2010 al 2012 in quattro centri del casertano: Arienzo, Francolise, Pietravairano e San Marcellino. Immediata la replica della Gosaf, che aveva puntualizzato, rispetto “alle presunte appropriazioni di somme riconducibili all’aliquota addizionale di competenza provinciale relativa alla Tarsu dei Comuni di Arienzo, Francolise e Pietravairano, che la società ha versato tutto quanto dovuto e, pertanto, nessun pagamento è ad oggi in sospeso”. Inoltre, “per ciò che concerne il Comune di San Marcellino, Gosaf Spa è creditrice, nei confronti di detto Ente, di importi ben maggiori di quelli oggetto dell’asserita appropriazione, come ritenuta dall’Autorità inquirente”.
Un nuovo duro colpo era poi arrivato il 16 ottobre 2014, quando Piccoli era stato arrestato. A suo carico un'ordinanza ai domiciliari, poi annullata dal Riesame, che lo aveva rimesso in libertà, emessa, ancora per peculato, per una vicenda che riguardava il Comune di Paolisi. Secondo gli inquirenti, l'allora 80enne, che nel corso dell'interrogatorio aveva escluso di essersi impossessato anche solo di 1 euro, avrebbe utilizzato una parte del denaro di cui il Comune di Paolisi l'aveva autorizzato a rientrare, in virtù di alcune anticipazioni di cassa fatte come tesoriere, a copertura delle somme che gli erano state addebitate a luglio, quando per l'attività svolta dal 2010 al 2012 in quattro centri del casertano, era scattato il sequestro dei beni.
Non avrebbe potuto farlo, aveva sostenuto l'accusa, perchè quei fondi assegnati all'ente locale erano vincolati. Anche se sul relativo ordinativo di incasso della Cassa depositi e prestiti, erogatrice di un mutuo di 1 milione e mezzo di euro nell'ambito del cosiddetto decreto 'sblocca debiti', “veniva impropriamente indicata la destinazione 'libera' di tali fondi che, in realtà, hanno una natura vincolata e dovevano servire al Comune per pagare i debiti certi, liquidi ed esigibili maturati fino al 31 dicembre 2012”.