Benevento

Terzo intervento dell'avvocato Gino De Pietro, ancora sulle prove Invalsi. Stavolta con i risultati della classe finale della scuola media inferiore

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Terminata l’analisi dei dati sulle prove INVALSI alla scuola primaria, volgiamo ora l’attenzione alla scuola media.

La terza verifica sul livello di competenze acquisite dai nostri studenti si svolge alla fine dell’ottavo anno di scuola, in concomitanza con la fine della scuola secondaria di primo grado, quella che un tempo si chiamava media inferiore e che dura tre anni.

Un tempo non troppo lontano per accedere alla scuola media era necessario non solo conseguire la licenza elementare ma superare un esame di ammissione scritto e orale. Una volta ammessi, e l’ammissione non era affatto scontata, a scuola si studiava il latino dalla prima classe e si leggevano copiosamente, tra l’altro, l’Iliade, l’Odissea e l’Eneide, nelle traduzioni classiche di Monti, Pindemonte e Annibal Caro. Quella scuola fu abrogata dalla riforma degli inizi degli anni 60 dello scorso secolo e sostituita dalla media unificata, successivamente oggetto di ripetutai interventi che hanno soppresso il latino, eliminato gli esami di riparazione, ridimensionato notevolmente i testi di poesia epica da leggere, evitando le traduzioni neoclassiche per versioni in prosa o in versi meno complesse.

Si voleva rendere la scuola media, chiamata dell’obbligo, una scuola comune a tutti i ragazzi e finalizzata alla formazione dei futuri cittadini. Il latino, quindi, prima fortemente ridimensionato nei programmi, dopo qualche anno venne del tutto eliminato, lo studio dell’italiano fu orientato più alla lingua media e quotidiana che alle diafane altezze della poesia, specie epica, e della prosa letteraria. Negli anni cinquanta e sessanta dello scorso secolo – ed anche successivamente – un intenso dibattito, non senza duri scontri, interessò le finalità della scuola media, la sua struttura, il senso stesso dell’obbligo scolastico.

A sessant’anni circa dall’abrogazione della scuola media “tradizionale” e la sua sostituzione con la scuola media unificata via via modificata e rivisitata è il caso, forse, di fare il punto della situazione.

Il primo risultato da prendere in considerazione è che solo il 61% degli studenti raggiunge in italiano, la lingua madre, lo strumento trasversale di comprensione di qualsiasi altro contenuto, il livello 3, considerato di sufficienza e adeguatezza, mentre ben il 39% resta al di sotto di tale livello.

E’ giusto evidenziare che in tutte le regioni più del 20% non arriva neanche al livello 2, già ampiamente insufficiente. L’Istituto, infatti, per la scuola media, suddivide i possibili risultati in cinque livelli: il primo, considerato molto debole, corrisponde ai traguardi in uscita della scuola primaria; il secondo, debole, indica risultati non adeguati al termine della scuola secondaria di primo grado; il terzo è considerato adeguato, il quarto buono e il quinto ottimo.

Applicando tale classificazione ai risultati emersi dall’indagine, si deve concludere che circa il 25% degli studenti italiani alla fine della terza media ha un livello di conoscenze adeguato alla quinta elementare. Un quarto dei ragazzi, cioè, ha raggiunto in otto anni il livello che gli studenti ritenuti msufficienti hanno acquisito in cinque anni, e cioè tre anni prima di loro. In sostanza, tali ragazzi non sono stati mai respinti formalmente ma è come se lo fossero stati e non una sola volta ma ben tre, in solo otto anni di studio.

Il fenomeno merita di essere analizzato non solo da un punto di vista del risultato finale dell’esame INVALSI di terza media, ma anche dal punto di vista del funzionamento della scuola e delle singole unità didattiche formate dalle classi.

Il ritardo nell’apprendimento già accumulato negli anni della scuola primaria si aggrava nel corso dei tre anni della scuola media fino a determinare una situazione in cui un quarto della classe resta – o faticosamente raggiunge, ma il risultato non muta di molto - al livello dell’inizio della prima media e un altro sesto circa al livello del primo quadrimestre della seconda media.

In una classe di 25 alunni, una decina, quindi, non è in grado di partecipare con profitto alle lezioni che del livello della classe frequentata. Se si considera che ciò non avviene per materie specifiche come potrebbero essere la geografia o le scienze, ma per la materia trasversale per eccellenza come l’italiano, si deve necessariamente concludere che questi dieci studenti frequentano fisicamente la classe senza appartenervi in senso intellettivo e che la classe, intesa come unità organica di discenti che apprendono insieme con un docente si è dissolta completamente non essendo possibile alcun dialogo intellettivo che coinvolga tutti né un procedimento maieutico che abbia qualche speranza di successo.

Degno di interesse è il peggioramento registrato negli ultimi anni. Nel 2018 la percentuale di risultati adeguati era al 66%, per scendere al 65% nel 2019, al 62% nel 2021 e al 61% nel 2022. Il Covid avrà certamente condizionato i dati del 2021 e del 2022, ma la curva era in discesa anche prima e comunque il dato del 2018, il migliore di quelli presi in considerazione, era pessimo anch’esso. Ciò che si può serenamente affermare è che la didattica a distanza non è stata poi quel gran successo che alcuni benpensanti hanno dato ad intendere e che si deve profondere ogni sforzo perché non vi si debba più far ricorso.

Se si passa al dato territoriale, la distanza tra le regioni si allarga notevolmente rispetto ai dati della scuola primaria. Calabria, Sicilia, Sardegna, Campania e Puglia superano, chi più chi meno, la soglia del 40% di allievi che restano al di sotto dell’adeguatezza con punte che superano il 45%. Nel Mezzogiorno solo il 55% degli allievi mediamente raggiunge un livello adeguato di comprensione del testo con una differenza negativa di sei punti percentuali rispetto al dato nazionale, differenza che si aggrava fino a raggiungere i dieci punti se si considerano anche le isole.

La differenza col Nord si approfondisce fino a scavare una voragine di 15 punti percentuali di differenza. Se si tiene bene a mente che la prova INVALSI di Italiano della terza media ha lo scopo di fornire una misura “della capacità degli studenti di leggere ed interpretare un testo scritto, comprendendone il significato e alcuni aspetti fondamentali di funzionamento della lingua italiana” si deve necessariamente concludere che il quadro è decisamente fosco se si considera che si tratta del minimo indispensabile per far parte della società come cittadino consapevole e non come suddito.

Le cose vanno ancora peggio in matematica dove la percentuale di allievi che raggiunge il livello 3, ritenuto adeguato, si ferma al 56%. Ciò vale a dire che il 44% degli allievi, a livello nazionale, resta al di sotto della sufficienza in matematica. Poco meno della metà degli studenti medi italiani, benchè abbia conseguito la licenza media, non ha raggiunto la sufficienza in matematica ed anzi, una notevole quota si attesta ai livelli della quinta elementare.

Se si affina l’indagine a livello territoriale, il dato diventa spaventoso: Il Sud, da solo, si ferma al 46% di allievi giudicati adeguati, per scendere al 40% insieme alle isole, con una differenza negativa rispetto al dato nazionale di 16 punti che diventano 25 rispetto al Nord.

Tenuto conto della necessità di conseguire gli indefettibili obiettivi della scuola media per chiunque voglia vivere dignitosamente da cittadino libero in una società moderna, la situazione generale è allarmante e lo diviene ancor più quando si considera il dato suddiviso territorialmente che fa comprendere in maniera vivida che l’Italia è avviata ad una celere dissoluzione come paese – o, come si usa da qualche mese dire, come nazione - se non si prendono immediate misure capaci di invertire la tendenza modificando notevolmente lo status quo.

Con una differenza nei livelli di apprendimento effettivi così elevata, il mezzogiorno rischia di scivolare irrimediabilmente in una situazione di arretratezza culturale da cui sarà poi difficile se non impossibile uscire specie se le occasioni di lavoro qualificate saranno sempre più appannaggio di cittadini di altre regioni d’Italia.

Con un quadro così desolante appare poco incoraggiante constatare che circa il 78% di studenti consegue il livello A2 di lettura in Inglese specie se si considera che solo il 62% lo raggiunge nell’ascolto, essendo la parola la prima facoltà con cui gli esseri umani comunicano. Considerando l’estrema modestia del livello A2 e il fatto che siano stati già impiegati otto anni di studio, si deve concludere che probabilmente il discorso intorno allo studio delle lingue straniere merita un approfondimento a parte.

Dai dati finora esplorati della relazione INVALSI viene fuori un quadro desolante. Troppi ragazzi stentano a comprendere adeguatamente un testo scritto nella loro lingua madre e, quindi, hanno serie difficoltà a comprendere anche i contenuti delle altre materie (storia, scienze, storia dell’arte, tecnologia, geografia…). Ancor più numerosi sono coloro che comprendono pochissimo di numeri, figure geometriche, logica elementare, relazioni, dati e previsioni, essendo destinati a non sapersi orientare nelle scelte anche di vita quotidiana.

La situazione si aggrava scendendo giù per lo Stivale fino a raggiungere i livelli minimi in Calabria e Sicilia. Rispetto a tale situazione già grave a livello nazionale e gravissima nelle regioni meridionali nulla finora è stato fatto per cui se si va ancora avanti nella differenziazione tra regioni del nord e del sud, con progetti di autonomia che non tengano conto della necessità di salvaguardare l’omogeneità tra cittadini italiani in determinate materie tra le quali indubbiamente spicca l’istruzione pubblica, baluardo contro l’analfabetismo, i populismi e le derive autoritarie e strumento di libertà e democrazia effettive e non solo verbali, l’Italia rischia di ritornare ad una situazione peggiore di quella pre-unitaria in un mondo molto più evoluto ed in cui perfino gli Stati nazionali sono soggetti deboli, rispetto ad imperi economici e militari e a organizzazioni di interessi multinazionali.

La Germania, in tempi recenti, è stata capace di riunificare Ovest ed Est dopo decenni di divisione e di economia statalizzata nella parte orientale, noi, invece, da Stato unitario fin dal 1861, siamo stati capaci di rendere le due parti del paese così distanti tra loro che oggi è più vicina la Turchia o la Grecia a talune regioni d’Italia che la Lombardia o il Veneto.

Uno Stato vive finchè è unito, altrimenti si dissolve miseramente e questo è il non improbabile esito neanche troppo lontano della tendenza che emerge dai dati sul sistema scolastico italiano. Chi non anela a questo esito dovrebbe darsi da fare per invertire rapidamente la rotta.

Questo il mio auspicio.