E' ancora dedicato alle prove Invalsi, ma della quinta classe della primaria, il nuovo intervento dell'avvocato Gino De Pietro.
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Continuiamo la disamina dei risultati delle prove nazionali INVALSI iniziata il 2 marzo su queste colonne, rivolgendo la nostra attenzione ora alla quinta classe della primaria all’esito della quale un tempo veniva rilasciata la – per molti allora preziosa – “licenza elementare”. Non mi riferisco solo all’inizio del secolo scorso, quando le ore trascorse nella scuola serale pesavano sugli stanchi lavoratori che avevano bisogno della licenza per conservare o conseguire un umile impiego, ma degli ancora relativamente vicini sforzi compiuti da tante persone per conseguirla all’indomani della seconda guerra mondiale onde non perdere modesti posti nell’amministrazione pubblica che aveva reso obbligatorio il conseguimento della stessa.
Molti di noi ricorderanno ancora anziani privatisti seduti nella stessa aula a scrivere faticosamente il tema d’italiano o a cercare la soluzione al problema di matematica il giorno del temuto esame di licenza. Chi non lo ricordi può sempre divertirsi rivedendo il film di Totò “I re di Roma” o uno dei film della Saga di Peppone e Don Camillo, se proprio non vuole rileggere le commoventi pagine di De Amicis sul papà del compagno di Enrico Bettini che prende la licenza lo stesso giorno del figliolo.
Alla fine del ciclo della scuola primaria, o elementare come si diceva un tempo, ben il 20% degli alunni non perviene a conseguire il livello base degli apprendimenti di italiano, secondo la classificazione INVALSI. Il dato è estremamente preoccupante, equivalendo a dire che se oggi si svolgesse l’esame di licenza elementare come ai tempi di Peppone e di Totò, il 20% degli alunni risulterebbe probabilmente respinto. Su venti alunni di una classe ci sarebbero cioè, in media, quattro bocciati. Un risultato disastroso e ben inferiore alle medie di promossi all’esame di licenza elementare di quaranta o cinquanta anni fa e che dovrebbe fare riflettere attentamente.
E dire che bisogna anche, in qualche misura, gioire per tale risultato che è molto migliore di quello che emerge dai dati delle prove della seconda classe della scuola primaria, in cui – secondo i dati della relazione commentati nel contributo pubblicato il 2 marzo su questo giornale – ben il 28% degli alunni restano al di sotto della soglia base delle conoscenze. La differenza di otto punti percentuali tra seconda e quinta “elementare” può spiegarsi solo riconoscendo che la scuola primaria riesce, ad un certo punto, forse anche con l’aiuto delle famiglie, a far migliorare la situazione rispetto ai primi due anni facendo arrivare non il 72% ma l’80% di alunni al livello base delle conoscenze, migliorando così le competenze di decine di migliaia di piccoli allievi.
Quest’unico aspetto positivo, però, non può e non deve distogliere la nostra attenzione dal dato estremamente preoccupante di venti allievi su cento che non arrivano a quella che, col gergo di un tempo, veniva chiamata sufficienza, e che stiamo parlando della scuola primaria, dove si apprendono nozioni e conoscenze di base, importantissime, direi esiziali, anche solo per poter sopravvivere in una società civile.
D’altra parte scende dall’otto al quattro la percentuale di allievi che conseguono il sesto livello, ritenuto d’eccellenza, con la conseguenza che ad un miglioramento del livello di base, fa da contraltare un peggioramento del livello di eccellenza.
Ovviamente i dati non sono omogenei a livello nazionale, in quanto anche per la quinta classe della scuola primaria si registrano differenze non trascurabili tra territori. In Calabria e in Sicilia, la percentuale di allievi che non raggiunge il livello base si avvicina al 30%, come dire che in una classe di 24 alunni ci sarebbero 7-8 bocciati a fine anno se si dovesse affrontare l’esame di licenza. L’Istituto non manca di evidenziare che “rimane comunque una differenza endogena degli esiti territoriali, a vantaggio del Centro-Nord e a chiaro svantaggio del Mezzogiorno”.
I dati relativi alla prova di Matematica sono ancora più allarmanti in quanto ben il 34% degli allievi non arriva a conseguire il livello base delle conoscenze, con un ulteriore peggioramento rispetto agli anni precedenti (28% nel 2019 e 29% nel 2021). Certamente il grave peggioramento avvenuto è in parte attribuibile al Covid e ai limiti della didattica a distanza in una materia come la matematica, ma in verità anche il dato pre Covid non era affatto tale da stare allegri e dimostra un problema di fondo della scuola italiana in cui l’apprendimento della matematica non è sufficiente né per affrontare le sfide degli studi scientifici superiori né per formare una mente logica adatta a comprendere razionalmente il mondo in cui si vive.
Andando ad esaminare il dato suddiviso per regioni direttamente sui grafici, si scopre che in Calabria, Sicilia e Sardegna, la quota di allievi che non raggiungono il livello base degli apprendimenti supera abbondantemente il 40% per collocarsi ad oltre il 45% in Calabria e di poco al di sotto in Sicilia. La Campania e la Puglia non possono certo stare tranquille visto che il dato si attesta di poco al di sotto del 40% e comunque al di sopra della media nazionale.
Nelle tre regioni peggiori – le due isole e la Calabria – la percentuale di soggetti che non raggiungono il livello base di competenze in matematica oscilla tra il 40% e il 50% vale a dire che poco meno della metà degli studenti sarebbe bocciata ad un ipotetico esame di licenza elementare per insufficienza nella prova di matematica. In una classe di ventidue alunni, presumibilmente dieci sarebbero giudicati insufficienti.
Delle regioni meridionali, le uniche che ottengono buoni risultati – addirittura migliori della media nazionale – sono il Molise e la Basilicata, che registrano una quota di allievi che non pervengono al livello di base inferiore al 25%, di ben nove punti percentuali migliore del dato medio nazionale, facendo meglio del Lazio, del Piemonte, della Toscana e di altre regioni molto più ricche economicamente.
Tale insieme di dati non solo conferma il forte svantaggio a danno delle regioni meridionali, ma pone anche un interrogativo circa le ragioni che possono aver consentito a due regioni facenti parte della parte svantaggiata del paese di emergere, nonostante tutto. Una prima risposta può provenire dal fatto che si tratta delle uniche regioni non attinte da gravi fenomeni di criminalità organizzata che invece affliggono le altre regioni fornendo altri argomenti a chi da sempre sostiene che la risposta a mafia, camorra, n’drangheta e sacra corona unita non può essere solo repressiva e giudiziaria ma deve comprendere una promozione sociale, personale, economica e culturale dei territori e degli abitanti se si vuole davvero risolvere qualcosa.
La seconda potrebbe essere che si tratta di regioni di dimensioni modeste in cui l’efficienza dei servizi pubblici è maggiore o che la popolazione, più tradizionalista, attribuisce ancora un valore positivo alla scuola e ai suoi risultati. Di fatto ciò dimostra che invertire la direzione si può e si deve e che gli sforzi delle istituzioni e delle famiglie possono essere premiati quando l’impegno è diuturno e convergente. L’eccezione, in conclusione, a mio parere, è incoraggiante e varrebbe la pena confrontarsi con la stessa per trovare soluzioni.
Per la prova di inglese le cose vanno meglio, in quanto il 92% degli allievi consegue il livello A1 nella prova di lettura e il 79% nella prova di ascolto. In sostanza ci sono più allievi che raggiungono gli obiettivi previsti in inglese che in italiano e matematica, ikl che non appare affatto ottimale. Vero è che il livello A1 è estremamente semplice e che in altri paesi viene conseguito con molto meno di cinque anni di scuola pubblica, ma ciò non esclude che va incrementato l’impegno nella lingua madre e nella logica e matematica di base.
Commentando i risultati della prova di inglese è lo stesso Istituto a sottolineare che “Quando si parla di scuola primaria non ci si dovrebbe mai dimenticare che la quota di studenti in linea con i traguardi fissati dalle indicazioni nazionali dovrebbe essere sempre ampiamente superiore al 90% principalmente per due motivi: 1. i traguardi della scuola primaria sono fondamentali, si potrebbe dire essenziali, per garantire il successo formativo nel prosieguo della vita; 2. la relativa semplicità dei contenuti dovrebbe consentire a tutti o a quasi tutti di raggiungere i traguardi previsti, quantomeno a livello base.”, affermando delle idee ampiamente condivisibili e che applicate alla lingua madre e alla matematica e suonano come un fortissimo campanello d’allarme vista l’enorme differenza tra risultati accettabili (ampiamente superiori al 90% la quota di allievi che consegue il livello base) e quelli reali (di venti, trenta o anche quaranta punti inferiore).
Questo campanello d’allarme è fine di questo modesto contributo far squillare alto e forte.