“La decisione dei magistrati di “depurare” dai telefonini personali degli agenti penitenziari di Santa Maria Capua Vetere, imputati dei fatti del 6 aprile 2020, tutta la documentazione personale è finalmente un buon passo avanti verso il pieno rispetto del principio di privacy per anni “calpestato” dalle notizie diffuse sugli stessi imputati”.
Lo afferma il segretario generale del sindacato polizia penitenziaria Aldo Di Giacomo che aggiunge:
"Abbiamo assistito per troppo tempo ad una campagna di autentico linciaggio oltre che generalizzata contro tutto il Corpo senza tenere in alcun modo in considerazione i diritti di tutela del personale e delle loro famiglie. Gli imputati sono stati dati in pasto ai media con gravi conseguenze per la loro immagine e quella delle famiglie. Inoltre il recente reintegro in servizio di otto agenti che non hanno avuto nulla a che fare con i fatti contestati - aggiunge Di Giacomo - riprova che senza alcuna indulgenza per chi ha assunto atteggiamenti e comportamenti da indagare e per i quali la magistratura deve fare il suo corso non è possibile generalizzare.
Continuiamo a sostenere che la “vicenda di Santa Maria Capua Vetere” è stata strumentalizzata ed ha rimosso, per troppo tempo, i veri problemi del personale penitenziario. In attesa di sentenze di giudici, le uniche che possono individuare al terzo grado di giudizio i colpevoli, rinnoviamo la sollecitazione al Governo, al Ministro di Grazia e Giustizia e al Capo del Dap ad affrontare le problematiche di emergenza per i
servitori dello Stato che lavorano in condizioni sempre più difficili e, come riprovano le continue aggressioni, a rischio della propria incolumità fisica”.