Sul Monte Comune, cima dei Lattari dove spicca il Monte Faito, non ci sarà un campo d'addestramento per i cani da caccia. L'ha deciso il Parco Regionale dei Monte Lattari che ha espresso diniego al parere di nulla osta per installare opere amovibili e temporanee per la nuova attività di centro cinofilo a Vico Equense. La struttura sarebbe infatti in contrasto con le norme di salvaguardia del Parco e il nulla osta sollecitato dall'arch. Catello Arpino, responsabile del Servizio Urbanistica e Edilizia Privata del comune di Vico Equense è abortito e con esso l'istanza presentata da Vincenzo D'Urso.
Giuseppe Pepe del WWF: semplicemente assurda la sola richiesta che è stata presentata
“E’ assurda anche la sola richiesta - commenta Giuseppe Pepe neo-consigliere WWF nel Parco Regionale dei Monti Lattari - il Monte Comune è tristemente noto per l’intensa attività di bracconaggio nel periodo di passo migratorio, che vede la montagna disseminata di richiami elettroacustici per attirare le quaglie, blindati in vere e proprie casseforti, oltre a fucili e cartucce nascosti tra rocce e cespugli della macchia. Andare ad installare un “centro addestramento cani da caccia” proprio in quel sito avrebbe significato, di fatto, legittimare le attività venatorie illecite e unire al danno la beffa!”
Il progetto prevedeva un centro di addestramento cani senza sparo e altre attività cinotecniche e la realizzazione di due gazebi in legno di tipo smontabile in zona “B” e “C” del Parco Regionale dei Monti Lattari.
“Abbiamo il fondato sospetto di trovarci di fronte all’ennesima promessa elettorale che non si è potuta onorare - aggiunge Claudio d’Esposito presidente del WWF Terre del Tirreno - ed è molto triste documentare come in questa nostra martoriata terra, spesso, sono proprio le pratiche illegali e fuorilegge tollerate o, addirittura, autorizzate a decretare il successo di taluni nostri politici, con buona pace della Natura, del Paesaggio e del Bene Comune!”.
La normativa di salvaguardia delle aree parco non ammette deroghe
Al punto 1 lettera b, e al punto 3 - zonizzazione - ZONA B e C delle Norme di Salvaguardia del Parco, si legge:
• è vietata l’attività venatoria e raccogliere e danneggiare la fauna minore;
• è vietato introdurre nuove specie animali estranee all’ambiente naturale fatti salvi gli interventi connessi alla normale conduzione delle attività agro-zootecniche e silvo-pastorali;
Gli uccelli selvatici infatti percepiscono i cani come predatori e, quindi, la loro libera circolazione modificherebbe il comportamento dei volatili, specialmente durante le fasi di corteggiamento e della nidificazione, mettendo a repentaglio il loro successo riproduttivo e la sopravvivenza degli esemplari giovani. In linea più generale, la presenza dei cani all’interno delle aree protette comprometterebbe le fasi biologiche degli uccelli selvatici. L’alterazione degli equilibri degli habitat naturali si tradurrebbe, pertanto, in un abbassamento del livello di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, con incisione del parametro costituzionale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione, a ribadirlo è la stessa Corte Costituzionale.
Già con la sentenza n. 44 del 2011, la Corte Costituzionale ha stabilito che “la previsione legislativa regionale diretta allo svolgimento di attività che estrinsecandosi nell’addestramento di cani, non solo da caccia, ed in prove zootecniche, vanno ad interagire con l’habitat naturale, non appare rispettosa dei livelli di tutela dell’ambiente, contenuti nella normativa statale” ed aveva ritenuto illegittima la previsione che contemplava l’istituzione, da parte dei Comuni compresi nel territorio dei parchi di aree cinofile adibite all’addestramento ed allenamento dei cani.
La Corte Costituzionale: i cani sono estranei all'habitat tutelato
Infine con sentenza n. 74 del 2017 la Corte Costituzionale ha confermato che “la presenza di cani, estranei all’habitat tutelato, all’interno dei parchi e delle riserve regionali è, dunque, ad un tempo lesiva degli obblighi comunitari e dei livelli minimi di tutela ambientale prescritti dal legislatore nazionale e contrasta, quindi, con l’art. 117, primo e secondo comma, lettera s), della Costituzione”.
L’ente parco dopo aver inviato un preavviso di diniego, attesa la scadenza dei 10 giorni per ricevere eventuali osservazioni, corredate da documenti utili e pertinenti in opposizione al diniego, ha emesso il DINIEGO definitivo alla richiesta.