Benevento

Non ha nascosto di avere paura per se stesso e per la sua attività. Un sentimento espresso quando si è seduto dinanzi al Tribunale per il controesame della difesa nel processo nato dalle sue denunce, sfociate nel rinvio a giudizio con le accuse di usura, estorsione e tentata estorsione contestate a vario titolo a cinque persone: Vincenzo Collarile, 64 anni, Pasqualino Parrella, 44 anni ( avvocati Angelo Leone e Grazia Luongo), Armando Piscopo, 47 anni, Ivano Nizza, 49 anni (avvocato Antonio Leone) - e Cosimo Parrella (avvocato Gerardo Giorgione), 48 anni, di Benevento.

Lui è il titolare di un agriturismo, ha confermato quanto aveva già dichiarato, ricorrendo, quando è stato ripetutamente incalzato dalle domande dei due avvocati Leone, a numerosi “non ricordo”. Il suo avvocato, Luca Guerra – in aula anche un rappresentante dell'associazione Alilacco -, ritiene che abbia complessivamente retto, di parere opposto, ovviamente, i legali degli imputati, convinti di aver aperto più di una crepa nel suo racconto.

Che, come si ricorderà, aveva nutrito una inchiesta del procuratore aggiunto Giovanni Conzo, della squadra mobile e della guardia di finanza sulle minacce e le intimidazioni che avrebbe subito. Sarebbe stato costretto, secondo gli inquirenti, a sborsare interessi usurari sulle somme avute in prestito per l'impossibilità, dovuta ad un protesto, di accedere al credito bancario.

Addebiti che Piscopo, Nizza e Cosimo Parrella avevano respinto durante l'interrogatorio successivo all'arresto, definendosi tutti amici di vecchia data della parte offesa: in un caso, un legame addirittura fraterno, suggellato dagli auguri di Capodanno. In particolare, Piscopo aveva ammesso di avergli prestato nel 2011 la somma di 2mila euro, che l'interessato gli aveva restituito in due tranche da 1000 euro ciascuna, e senza alcun interesse usurario, ed aveva precisato il contenuto di una intercettazione, affermando che era stato l'imprenditore a chiedergli di fare da tramite con terze persone alle quali doveva dei soldi.

Nizza aveva escluso di avergli mai prestato denaro ed aveva rivendicato di essere creditore di 800 euro – l'anticipo di una festa che non si era più svolta – e di 750 euro, un importo legato alla vendita di un motorino, mentre Cosimo Parrella aveva fatto presente che il suo stato economico non gli consentiva certo di poter prestare soldi, e di non aver mai saputo che lo zio (Collarile ndr) lo avrebbe fatto.

Scelta opposta, invece, per Collarile e Pasqualino Parrella, che si erano avvalsi della facoltà di restare in silenzio. Si torna in aula il 21 marzo, quando proseguirà un processo che riguarda anche altre otto persone- sono difese dagli avvocati Marcello D'Auria, Alberto Mignone, Angelo Leone, Michele Rillo, Andrea Ricciardi, Mauro Carrozzini, Benedetta Masone, Grazia Luongo- tirate in ballo per violenza privata (anche tentata), esercizio abusivo dell'attività finanziaria e favoreggiamento.