Che le partecipate non siano un esempio di efficienza non lo scopriamo certamente oggi. Adesso, però, oltre le percezioni dei cittadini ed i bilanci consegnati in questi anni, arriva anche l'ultima rilevazione con i numeri complessivi su base regionale. La Campania complessivamente si classifica terza in Italia nella certamente non invidiabile classifica che somma le partecipate meno efficienti. Al primo posto c'è il Lazio, seguita a ruota dall'Umbria. Sul gradino più basso, come detto, si piazza la Campania con una differenza di quasi 20 milioni di euro tra gli utili macinati dalle aziende pubbliche e le perdite. Nello specifico, queste ultime ammontano a 24,4 milioni rispetto ai 4,6 di entrate. Purtroppo, la Campania è in buona compagnia in una graduatoria segnata dal profondo rosso che non è – per una volta – esclusivo appannaggio del Mezzogiorno, dal momento che oltre a Lazio e Umbria nella top five figura anche l'efficiente Piemonte. Come a dire: le partecipate rappresentano un argomento di riflessione trasversale che non conosce latitudine e non fa distinzione fra Nord e Sud. Allo stesso tempo, va ricordato come nelle ultime leggi di Stabilità abbiano subìto una drastica sforbiciata, che ha messo a rischio diversi posti di lavoro.
Il tema delle partecipate e più in generale dell'imposizione fiscale arriverà presto all'attenzione della Conferenza Stato-Regioni. Molti parlamentini locali, infatti, sono pronti a chiedere conto dei rapporti fra entrate statali e regionali. Attualmente il rapporto è di uno a tre in favore di Roma, a testimonianza del fatto che i tagli della tassazione nazionale significano quasi subito un inasprimento di quella locale, con le risorse che comunque non sempre restano nelle regioni di riferimento. Con l'annunciata intenzione del Governo di mettere mano ai meccanismi fiscali, bisognerà inevitabilmente tenere conto anche di questi princìpi.
Giovanbattista Lanzilli