Avellino

"Alle 19.34 di 42 anni fa, in un territorio dove Cristo non si era mai fermato, in 90 secondi si consumò la più immane catastrofe della nostra storia repubblicana: il Terremoto dell’Irpinia. 2914 vittime, 9000 feriti, 280 mila sfollati hanno aperto uno squarcio profondo su un pezzo di mondo sconosciuto che sembrava riportare le lancette dell’orologio a un secolo prima. Improvvisamente assursero alla cronaca nazionale ed internazionale, paesini fino ad allora sconosciuti: Balvano, Castelnuovo di Conza, Conza della Campania, Lioni, San Mango sul Calore, Sant’Angelo dei Lombardi.

Una generazione nata e cresciuta nei prefabbricati 

Vite spezzate, paesi distrutti e rasi al suolo, una generazione – quella dei prefabbricati – nata e cresciuta lì, in un territorio che – il 23 novembre di 42 anni fa – ha visto mutare i suoi connotati. La mia generazione, che ha conosciuto quei paesi in maniera radicalmente diversa da come li conobbero i nostri padri e madri. Per chi ha vissuto quei momenti, per chi viene da quei luoghi, per la generazione dei prefabbricati, il 23 novembre continua ad essere –inevitabilmente – un momento di cesura, uno squarcio profondo". Così il deputato irpino del Pd, Toni Ricciardi, nel corso del suo intervento pronunciato in Aula per commemorare il Terremoto dell'Irpinia del 1980.

"Quel drammatico evento  -ha proseguito il deputato dem e storico delle migrazioni- fu probabilmente l’ultimo grande momento di unione del nostro Paese; un momento in cui si manifestò una solidarietà nazionale e internazionale senza precedenti e che non avvenne più, almeno con quell’intensità.

È bene ricordare che il terremoto dell’Irpinia segnò un punto di svolta sia in tema di gestione delle emergenze territoriali, grazie a Zamberletti nacque la Protezione civile, e cambiarono anche le norme in materia di ricostruzione nelle zone altamente sismiche. Il terremoto dell’Irpinia è stato anche un fatto politico importante che ha segnato la fine di una stagione politica. E, probabilmente, a 42 anni di distanza molte delle pagine scritte dalla Commissione parlamentare d’inchiesta andrebbero analizzate e riviste alla luce dei fatti".

"Il terremoto -ha aggiunto- rase al suolo il 95% del patrimonio edilizio: quali sono stati gli interventi di rifondazione e ricostruzione? E in merito alla ricostruzione industriale cosa doveva essere fatto e cosa è stato effettivamente realizzato?

Terremoto 1980: il coraggio di mettere la parola fine dopo 42 anni 

Esattamente qui, nel luogo dove tutto ha avuto il suo inizio dovremmo avere la forza e il coraggio di avviare un’indagine conoscitiva e mettere la parola fine a una vicenda sulla quale anche gli storici stanno finalmente indagando in maniera scientifica".

"Quell’evento, va detto chiaramente, fu usato da una parte politica come germe di un nuovo antimeridionalismo e divenne – in questo senso – un momento di frattura insanabile tra Nord e Sud poiché, proprio allora, venne sdoganato definitivamente il luogo comune del Meridione palla al piede, inefficiente e incapace di spendere. In tanti ricorderanno l’«Irpiniagate».

La dicotomia tra Nord e Sud si è talmente accresciuta da fare ritenere la ricostruzione in Irpinia come uno degli sprechi più ingenti del secondo dopoguerra.

La storia ci dice l’esatto contrario; ci parla di un Mezzogiorno che ha conosciuto la modernità non con il boom industriale, non con la ricostruzione, ma con l’emigrazione e con le rimesse che le donne e gli uomini di quei luoghi. La zona del cratere, paradossalmente, si è vista scippare anche il Terremoto.

Per questa ragione e visto che molti dei protagonisti di quella stagione non ci sono più, abbiamo il dovere politico, civile e soprattutto scientifico di analizzare attraverso una Commissione d’indagine conoscitiva, come sono realmente andati i fatti e cosa sono divenuti oggi, a distanza di 42 anni quei luoghi.

Lo dobbiamo al paese, lo dobbiamo alle migliaia di vite spezzate in quel tragico 23 novembre". Così ha concluso il suo intervento Ricciardi