San Paolo Bel Sito

Arresti tra questa notte e l'alba tra Napoli e Avellino, per sgominare il clan Sangermano. 25 misure cautelari sono state eseguite, a completamento di lunghe indagini, che hanno consentito di ricostruire le attività del sodalizio. E per dimostrare la “forza” del clan sul territorio, durante la processione la statua della Santa Patrona era stata fatta “inchinare” davanti all’abitazione del boss: all’alba di oggi carabinieri ed Antimafia hanno decapitato il clan Sangermano attivo, secondo un articolato quadro delle indagini, a Nola, San Paolo Belsito ed Avellino (gli arresti in Irpinia, clicca e leggi).

Il video degli arresti

In manette sono finite 25 persone, grazie alle indagini, partite nel 2016 e terminate nel 2019, che hanno consentito di decapitare il clan camorristico dei Sangermano. Un'importante operazione quella messa a segno, che ha consentito di ricostruire la rete di profitti, estorsioni e guadagni del sodalizio criminale, con base nel comune di San Paolo Belsito. 

Le indagi, gli arresti nel nolano e nell'avellinese

L’inchiesta è stata effettuata dai carabinieri del gruppo di Castello di Cisterna e personale della Direzione Investigativa Antimafia (Dia), coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Napoli.

Le accuse, i reati

Tutti sono accusati, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, illecita concorrenza, usura, autoriciclaggio e porto e detenzione illegale di armi comuni da sparo. Questi ultimi reati aggravati dalle finalità e modalità mafiose.

Le armi, il controllo del territorio

L’attività investigativa, svolta dal 2016 al 2019, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, ha consentito di evidenziare l’operatività del sodalizio di camorra, con base a San Paolo Bel Sito e con interessi in gran parte nell’agro nolano ed in una parte della provincia di Avellino, tendente ad affermare il proprio controllo egemonico sul territorio di interesse, anche con la disponibilità di una importante quantità di armi comuni da sparo.

L'imposizione di prodotti caseari

Le indagini hanno fatto emergere numerose condotte estorsive, messe in campo dal sodalizio attraverso l’imposizione di articoli caseari a numerosi esercizi commerciali della zona, nonché l’induzione degli imprenditori all’acquisto di provviste per l’edilizia da una sola rivendita di riferimento.

Il riciclaggio, le intimidazioni

Il sodalizio si assicurava importanti profitti economici anche attraverso l’attività di riciclaggio, l’illecito esercizio della professione creditizia e la concorrenza illecita esercitata grazie alla forza di intimidazione promanante dalla perdurante azione associativa sul territorio.

L'inchino della Statua della Santa Patrona davanti casa del capo clan

A dimostrazione della pressante presenza del clan sul territorio, nel corso della processione della patrona del paese, l’effigie della Santa era stata fatta “inchinare” innanzi l’abitazione del capo clan.