Benevento

Tutte assolte, perchè il fato non sussiste, le quattro persone che nel luglio del 2018 erano state colpite dall'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria disposto dal gip Gelsomina Palmieri nell'indagine del sostituto procuratore Francesca Saccone e della Squadra mobile su una presunta truffa che sarebbe stata commessa in relazione alla presenza di migranti, e ai relativi contributi erogati dalla Prefettura, in una struttura di accoglienza a Morcone gestita dalla 'Centro servizi Belvedere”.

Oggi la sentenza per Fabrizio Parlapiano, 42 anni, di Morcone, Sergio Parlapiano, 44 anni, di Bojano, rappresentanti della 'Belvedere', Daniela Vascello, 41 anni, moglie di Fabrizio e collaboratrice della società – difesi dall'avvocato Antonio Leone -, e Joseph Ayna (avvocato Augusto Guerriero), 53 anni, originario del Camerun, di Ariano Irpino, titolare dell'associazione 'Amici del Camerun', convenzionata con il centro.

Truffa, falso e minaccia per costringere a commettere un reato, queste le accuse contestate per fatti che andavano da agosto a dicembre 2017 e da gennaio a giugno 2018. L'inchiesta era partita il 14 maggio 2018 con la denuncia di un mediatore culturale, dipendente dell'associazione, che agli agenti aveva raccontato di aver avuto nel novembre del 2017 l'incarico di controllare i fogli con la presenza giornaliera degli ospiti e di essere stato costretto, sotto la minaccia del licenziamento, ad apporre numerose firme false. Due giorni dopo la Mobile aveva fatto visita alla struttura, sequestrando un raccoglitore contenente il registro delle presenze per scomparti mensili, poi aveva acquisito, presso la Prefettura, la documentazione relativa all'accreditamento del centro.

La tesi dell'accusa era che dopo il sopralluogo degli investigatori, il mediatore sarebbe stato convocato a più riprese e 'avvertito'. “Ci devi dire se sei con noi o contro di noi...tu ci devi coprire... perchè se continui a dire la verità in presenza dei poliziotti,, tu ci rovini e passerai un guaio anche tu...”, si sarebbe sentito ripetere. E ancora: “Tu dovevi dire e devi dire che gli ospiti migranti quella mattina erano usciti presto per il Ramadan... non dovevi assolutamente dire che erano assenti”. Dichiarazioni ritenute di contenuto intimidatorio nei confronti del cittadino straniero, che, supportate dall'analisi del traffico telefonico, erano confluite in un quadro indiziario che aveva indotto il giudice a firmare il provvedimento sulla scorta del pericolo dell'inquinamento delle prove e della reiterazione del reato, rigettando però la richiesta di sequestro preventivo delle partecipazioni sociali dei Parlapiano e di Vascello nella 'Centro servizi Belvedere srl”.

Nel corso dell'interrogatorio di garanzia gli allora indagati avevano respinto ogni addebito, ricostruendo l'attività della società ed i compiti affidati, in virtù di un rapporto di fiducia, al mediatore culturale che li aveva accusati. Sostenendo che avrebbe agito per vendicarsi del no ricevuto alle sue richieste di aumento dello stipendio e di assunzione alle dipendenze della 'Belvedere', in modo da poter ottenere un permesso di soggiorno per motivi di lavoro.