Benevento

Quei gesti che passano inosservati quando si è figli dei risultati. C’è poco da sorridere in casa Strega. E poca voglia di soffermarsi su quell’abbraccio che vorrebbe proteggere la sua squadra in un momento di difficoltà. Poteva scegliere di non andare Fabio Cannavaro, di non seguire i suoi sotto una curva arrabbiata per l’ennesima prova di immaturità. Perché il Benevento non è pronto, non lo è ancora, Fabio ha chiesto tempo, quello che si consuma nella convinzione di non rialzarsi. Convinzione che non appartiene al pallone d’oro innamorato di un progetto che lo ha stuzzicato sin da subito. E non per il blasone di una società che si è fatta apprezzare ovunque ma per le difficoltà che avrebbe dovuto affrontare prendendo per mano un gruppo piegato dalle ultime vicissitudini. Per molti il Benevento è spacciato, per Cannavaro ha tempo e possibilità di riprendersi, un ottimismo folle come quello che lo aveva spinto, assieme agli altri, a credere di poter vincere un mondiale dopo lo scandalo Juve, di portata internazionale, squadra di cui lui faceva parte. Qualcuno tra quelli a lui vicino promette che quella notte prima della finale con la Francia lo scugnizzo napoletano ha dormito beato. Senza paura. Consapevole che avrebbe fatto sognare gli italiani. Eppure al Vigorito quello stesso uomo decide di seguire la sua squadra per affrontare “insieme” la rabbia dei tifosi. Come se conoscesse già la parolina magica che coniata nell’anno di Inzaghi aveva spinto il Benevento sul gradino più alto della serie B tra un record e l’altro. Tempi lontani come quelli che avevano portato il difensore partenopeo ad alzare la coppa del mondo sotto il cielo di Berlino. I titoli non si cancellano, Cannavaro resta un campione nei ricordi degli italiani, quel campione che ha difeso le sue porte come non hanno saputo fare i suoi calciatori. Ma le prodezze da sole non sono bastate a farlo diventare l’erede di Omar Sivori, Gianni Rivera, Paolo Rossi e di Roberto Baggio. Si tocca il cielo di Berlino anche con l’umiltà, quella di un uomo capace di svestirsi dei panni di campione del mondo per indossare quelli di un marinaio pronto ad affrontare la tempesta coi suoi uomini. Cannavaro non scappa, non si rifugia nel tunnel di un nome che ha fatto la storia del calcio. Va insieme ai calciatori sotto la curva, si sottopone alla rabbia dei tifosi consapevole che nel calcio non c’è mai un solo inizio e una sola fine, e che archiviata la favola "Cannavaro", gli toccherà scrivere quella del Strega. Oggi piegata dai risultati negativi e dalla delusione ma, magari, domani addolcita da prestazioni che porteranno il Benevento di Vigorito e dei tifosi lì dove merita.