Erano arrivati con la speranza che l'udienza in programma questa mattina rappresentasse un ulteriore passo verso la definizione delle responsabilità. Non è andata così perchè il processo è slittato al 9 novembre su richiesta dei legali dell'imputato: una circostanza che li ha fatti arrabbiare, e non poco.
Hanno manifestato tutto il loro disappunto in aula. “E' una barzelletta”, hanno tuonato, visibilmente delusi, nei confronti dell'incolpevole avvocato Fabio Russo, nominato d'ufficio al posto dei difensori , i genitori di Francesco Sepe, di San Bartolomeo in Galdo, morto a neanche 16 anni il 27 agosto del 2018 dopo un incidente stradale. Un dramma per il quale è stato spedito a giudizio Massimiliano Corvelli (avvocati Vincenzo D'Apolito e Nicola Palmiotti), 30 anni, un suo compaesano.
Tutto era accaduto la sera del 20 agosto lungo via Variante, alle porte di San Bartolomeo, mentre Francesco era in sella ad un ciclomotore.Secondo gli inquirenti, mentre percorreva al volante di un'Alfa 145 quel tratto di strada, “privo di illuminazione” e ad una “velocità superiore – non inferiore a 73 km/h- a quella massima consentita – 50 km/h”-, Corvelli, giunto in prossimità di una intersezione, avrebbe sorpassato tre autoveicoli, “andando ad impattare violentemente” con lo scooter Mbk Booster” condotto da Francesco, che lo precedeva nello stesso senso di marcia, “in fase di svolta a sinistra verso vico Sesto Cimitero vecchio”.
L'allora 26enne si era immediatamente fermato ed aveva dato l'allarme: soccorso, Francesco era stato trasportato in ospedale a Benevento, dove a distanza di un a settimana era stato sopraffatto dalle complicanze cerebrali e cardiorespiratorie del politraumatismo subito nello scontro.
Nel settembre del 2020 il gup Gelsomina Palmieri, così come proposto dal sostituto procuratore Maria Gabriella Di Lauro, aveva rinviato a giudizio l'automobilista. In quella occasione, dopo aver espresso “l'assoluto rispetto per il dolore dei genitori”- sono assistiti dagli avvocati Giampaolo Benigni e Italo Benigni- , i legali di Corvelli si erano detti convinti di poter offrire nel corso del dibattimento, attraverso una propria consulenza, una dinamica dell'incidente diversa da quella prospettata dalla Procura.