Se non resterà in silenzio, avvalendosi della facoltà di non rispondere, sarà l'occasione per fornire la sua versione sui fatti che le sono stati contestati. La 38enne docente di Benevento potrà farlo mercoledì, quando comparirà per l'interrogatorio di garanzia dinanzi al gip Pietro Vinetti, che ha disposto per lei gli arresti domiciliari per una ipotesi di violenza sessuale sessuale aggravata ai danni di un alunno di 12 anni della scuola media di un centro della Valle Caudina.
Difesa dall'avvocato Angelo Leone, la professoressa è stata tirata in ballo da una inchiesta, condotta dai carabinieri e diretta dal sostituto procuratore Assunta Tillo, che ha messo nel mirino i presunti comportamenti che avrebbe avuto nei confronti del ragazzo, con il quale avrebbero instaurato, sostengono gli inquirenti, prima un presunto “rapporto di “predilezione in classe” poi un presunto “intenso rapporto telematico mediante plurime comunicazioni via whatsapp (messaggi, video e audio), inviandogli e chiedendogli di inviare a sua volta fotografie a contenuto esplicitamente sessuale, avviando conversazioni di esplicito contenuto sessuale”.
Una storia che ha inevitabilmente travalicato i confini provinciali, 'deflagrata' ieri con l'esecuzione dell'ordinanza, adottata in una indagine avviata a fine marzo con la denuncia dei genitori del minore- sono assistiti dall'avvocato Paolo Abbate- sfociata in una perquisizione e nel sequestro del cellulare della 38enne, sospesa dal servizio anche su sua richiesta. Per lei addebiti pesanti, prospettati in un quadro che sarà completo quando includerà anche le ragioni della difesa sul versante cautelare e dei gravi indizi.
L'arresto è stato infatti stabilito sul pericolo di reiterazione del reato, sussistente a parere del giudice che lo ha deciso.
In attesa dell'appuntamento della prossima settimana, resta lo sconcerto per quanto l'attività investigativa avrebbe ricostruito. In attesa di capire, come abbiamo avuto modo di sottolineare già ad aprile, se le condotte descritte siano vere o rappresentino, invece, il frutto di una fantasia che il ragazzo potrebbe aver coltivato, attribuendo una valenza morbosa a gesti e parole, interpretati nel senso opposto a quello di una affettuosità e di una disponibilità espresse da una insegnante.