Avellino

Caro direttore, caro Pierluigi
nella giornata di mercoledì è apparsa su queste colonne una lunga lettera aperta, firmata dal professore Piero Mastroberardino. Più che una lettera aperta una lunga arringa volta, tra le altre cose, a delegittimare la credibilità della testata che ho fondato e che dirigo in ragione delle posizioni assunte prima in relazione alla burrascosa vicenda che ha condotto mesi fa al rinnovo dei vertici del Consorzio di Tutela dei Vini d’Irpinia, quindi alla contesa, che ha visto prevalere Pino Bruno proprio su Mastroberardino, per la presidenza della nuova Camera di Commercio Irpinia – Sannio.   
Sono rimasto sorpreso, non certo per i contenuti ma per il fatto che una testata tanto autorevole, per di più diretta da un professionista che mi onora della sua amicizia e che stimo incondizionatamente, abbia ritenuto di pubblicare una lettera ricca di richiami al direttore responsabile e alla linea editoriale di un’altra testata. Ma questo episodio non cambierà il nostro rapporto. 
Va senza dire che se il professore Mastroberardino avesse inviato a noi quella stessa missiva l’avremmo ovviamente pubblicata.

D’altro canto un suo accanito sostenitore, il Consigliere camerale di CNA, Berardo Pesce, ci ha inviato una lettera aperta dello stesso tenore (a cui Mastroberardino fa esplicito riferimento), costruita sui medesimi argomenti, e non abbiamo avuto remore a darne evidenza ai nostri lettori. Certo, quella di Mastroberardino avrebbe avuto maggiore visibilità, magari avrebbe persino trovato spazio in primo piano, per il semplice fatto – ci scuserà l’amico Berardo – che non tutti i pulpiti sono uguali. 
Il punto è che il professore Mastroberardino ha deciso da tempo di non concedersi ai nostri taccuini. In passato lo ha fatto molte volte, regalandoci interviste sempre molto interessanti ma poi, nello stesso momento in cui abbiamo assunto posizioni distanti dalle sue, nello stesso momento in cui abbiamo osato porre interrogativi sull’operato del Consorzio di Tutela dei Vini, spingendoci sino al punto di evocare l’urgenza di un cambio di passo, ha chiuso ad ogni possibile interlocuzione. Ci sta, ognuno ha la propria sensibilità, la propria cultura democratica. 
Ovviamente noi abbiamo continuato ad esprimere le nostre opinioni, abbiamo continuato ad affermare il nostro punto di vista rispetto al Consorzio, le cui vicende e le cui attività, nel corso di tutti questi anni, hanno sempre trovato ampio spazio sulle colonne della testata che dirigo.

Certo, ci è sembrato ovvio e doveroso stigmatizzare taluni atteggiamenti assunti da Mastroberardino in occasione delle elezioni per il rinnovo dei vertici del Consorzio, talune sortite che abbiamo considerato del tutto inaccettabili e profondamente irrispettose dei più basilari principi democratici, e sì, abbiamo salutato con favore l’esito della contesa. Non certo per ragioni di prossimità e di amicizia con Teresa Bruno ma perché, come detto, ritenevamo necessaria una svolta e l’emergere di nuovi protagonismi nella governance del Consorzio. Vedremo se il tempo ci darà ragione. 
E’ il nostro modo di fare giornalismo. Siamo abituati a scavare, a prendere parte, ad affermare la nostra opinione. La Costituzione repubblicana ci riconosce questo diritto, il diritto di critica che si affianca a quello di cronaca. Può piacere o meno ma questo è il nostro modo di intendere il mestiere. 
Giova a questo punto ricordare che in quel passaggio il professore Mastroberardino utilizzò toni aspri e parole estremamente dure nei confronti, in primo luogo, dell’ex presidente provinciale e regionale di Confindustria, Sabino Basso, e di altri riferimenti di peso dell’universo confindustriale provinciale, coinvolti nella contesa per il rinnovo dei vertici del Consorzio e ovviamente schierati a sostegno di Teresa Bruno. Non ci pare così illogico sostenere che quegli attacchi abbiano impedito a Confindustria Avellino di confermare il sostegno al professore Mastroberardino per la presidenza della Camera di Commercio. Anzi, ci pare persino ovvio. Negare che la vicenda del Consorzio abbia di fatto reso impossibile il sostegno di Confindustria Avellino alla candidatura di Mastroberardino vuol dire, dal nostro punto di vista, negare l’evidenza. E se tanto ci dà tanto, rispetto ad una partita cruciale come quella per l’elezione del primo presidente della nuova camera delle aree interne i vertici di Confindustria hanno ritenuto di giocare la propria partita provando a gestire lo strappo con Coldiretti, ricercando nella logica dei numeri una via d’uscita sostenibile per tutti, in primo luogo per Confindustria Benevento, e lo spazio per imporre una candidatura di bandiera potenzialmente maggioritaria. Ma questa, evidentemente, è solo la nostra interpretazione dei fatti. 
Quel che è certo è che dopo le prime due votazioni, rispetto all’evidenza di uno scontro tra due debolezze che avrebbe potuto aprire la strada ad un infausto commissariamento, sarebbe stato logico un passo indietro da parte di tutti per facilitare l’emergere di una terza via unitaria. Ed è questa l’unica riflessione che il sottoscritto si è permesso di sottoporre ai suoi lettori salvo poi salutare la vittoria di Pino Bruno come la vittoria di un autorevolissimo imprenditore che per profilo, radicamento e visione può tranquillamente essere considerato il Presidente di tutti.
Ma si badi, la terza via da me auspicata alla vigilia del voto, per di più senza alcun riferimento a Pino Bruno, non c’è stata. Perché, come detto, nei miei auspici sarebbe dovuta essere unitaria.
Tornando alla lettera aperta pubblicata mercoledì su queste colonne, il professore Mastroberardino non attacca esclusivamente il sottoscritto. Ribadendo quanto già sostenuto in un altrettanto corposo comunicato stampa inviato il giorno dopo la sconfitta sostiene di aver perso in ragione di oscure manovre politiche che avrebbero determinato il capovolgimento di un risultato già acquisito in suo favore, nelle ore immediatamente precedenti le operazioni di voto. Afferma di averne le prove ma evita di fare nomi e i cognomi di coloro che avrebbero fatto pressioni e di coloro che avrebbero ceduto. 
Io mi sono solo permesso di commentare quel comunicato stampa senza mettere in discussione la veridicità della tesi del professore ma sottolineandone, semplicemente, la genericità. (https://www.orticalab.it/La-nuova-Camera-di-Commercio-l-inaudito?var_mode=calcul) Tu m’insegni che quando si muovono accuse di tale gravità o si fanno i nomi, portando a sostegno prove inconfutabili, o si finisce con lo sparare nel mucchio. Mi sono permesso di affermare che quelle accuse, formulate in quel modo, non avevano e non hanno alcun senso se non quello di danneggiare l’immagine del primo presidente della Camera di Commercio delle aree interne, di far passare il messaggio che la vittoria di Pino Bruno sia maturata in ragione di manovre oscure. Di un imbroglio. E mi sono permesso, infine, di provare a dare la mia lettura della vicenda. La mia lettura, opinabile come tutte le letture. 
Caro Pierluigi, lasciami infine chiarire che ognuno è liberissimo di condividere o meno la linea editoriale di una testata. Il punto è che in quella lettera Mastroberardino, richiamando la tesi di Pesce, mi accusa sostanzialmente di disonestà intellettuale, come se la linea assunta dal mio giornale, prima sul Consorzio e poi sulla Camera di Commercio, trovasse ragione in chissà quali inconfessabili interessi. 
Come sai gli uomini liberi hanno sempre tanti padroni. In questi anni ne abbiamo avuti innumerevoli. Il punto è che Mastroberardino e i suoi argomentano tali accuse chiedendosi come mai Staglianò è stato così attento a dar conto dei retroscena che fecero da sfondo alla vicenda del Consorzio mentre sulla Camera di Commercio non ha fatto altrettanto. La risposta è nei fatti. 
Le elezioni per il rinnovo dei vertici del Consorzio di tutela dei vini, come si ricorderà, si sono svolte in due tempi. Abbiamo assistito prima alla fuga da Palazzo Caracciolo, poi al tentativo, ostinato quanto grottesco, di congelare le operazioni, abbiamo ascoltato il professore Mastroberardino affermare che in caso di sconfitta avrebbe lasciato il Consorzio, cosa che a quanto pare ha effettivamente fatto, quindi abbiamo assistito persino al tentativo di mettere in discussione il risultato ormai acquisito. Se quel passaggio si fosse consumato nella linearità, se non fossimo stati costretti ad assistere a quel teatrino, non ci sarebbe stato motivo di tanta attenzione. 
La contesa per l’elezione del Presidente della Camera di Commercio, invece, si è sviluppata in ossequio a dinamiche fisiologiche. Sulla candidatura di Mastroberardino e di La Stella non abbiamo espresso alcun giudizio se non allorquando, come detto, abbiamo ritenuto di auspicare il superamento di entrambe in favore di una  terza via unitaria. Ritenevamo dannosa ed estremamente pericolosa una contesa tra profili divisivi, eravamo molto preoccupati dell’eventualità di un nuovo commissariamento. Tutto qui. 
Le ragioni per le quali abbiamo ritenuto di commentare il comunicato stampa inviato da Mastroberardino all’indomani del voto credo di averle già chiarite. Accuse tanto gravi da configurare persino notizia di reato vanno sostenute da prove, da nomi e da cognomi. Questo abbiamo scritto, nulla di più.  
Per il resto, noi rispondiamo ai lettori e non scriviamo per gli addetti ai lavori. E i lettori, caro Pierluigi, fortunatamente continuano a premiarci, giorno dopo giorno. 
C’è infine un ultimo passaggio a cui proprio non vorrei rinunciare. Le passeggiate ai santuari di Ceppaloni e Salerno nei mesi, nelle settimane e nei giorni precedenti alla terza e decisiva votazione per la presidenza della Camera di Commercio non le hanno fatte tutti, ma molti. E di entrambi gli schieramenti. Allo stesso modo, i tentativi di recuperare consenso sono stati fatti da entrambe le fazioni sino all’ultimo minuto utile, a dimostrazione del fatto che nessuno era certo di avere la maggioranza dei consensi. D’altro canto la politica ha i suoi riti, le sue logiche e le sue regole.
Per quanto ci riguarda, ma questa è come sempre solo la nostra opinione, è del tutto naturale, ovvero inevitabile, che la politica intervenga in una contesa di tale portata. Magari non è giusto ma è inevitabile. Perché la politica influenza ed orienta, garantisce interlocuzioni, favorisce mediazioni. La politica vive di consenso e il consenso si alimenta di relazioni, in primo luogo proprio con le parti sociali, con le associazioni di categoria che a loro volta esplicano la propria funzione di rappresentanza interloquendo con la dimensione istituzionale, la dimensione nella quale, manco a dirlo, la politica trova realizzazione. Ma una cosa è interloquire, provare ad orientare, verificare le condizioni per una mediazione, altra cosa è pretendere, promettere, ricattare. 
Non sappiamo se a Ceppaloni o a Salerno abbiano gioito o meno per la vittoria di Pino Bruno, né siamo nelle condizioni di affermare che qualcuno, a Ceppaloni o a Salerno, abbia in qualche modo orientato voti all’interno del Consiglio camerale. Sappiamo, però, che la politica è stata compulsata dall’una e dall’altra parte, sino a poche ore dal voto. Questo non ci scandalizza. Ci scandalizza, piuttosto, l’ipocrisia di personaggi che hanno vissuto una vita intera all’ombra degli apparati politici, che hanno rappresentato per decenni la politica all’interno delle associazioni di categoria nelle quali ancora svolgono funzioni di primo piano e oggi s’indignano per l’indebita ingerenza di taluni riferimenti istituzionali nella contesa per la presidenza della Camera di commercio. 
Tanto ci tenevo a chiarire, anche per cogliere l’irripetibile occasione di vedere pubblicata la mia umile firma su una testata di tale prestigio. 
Con sincera amicizia ed immutata stima.

Marco Staglianò

direttore responsabile orticalab.it