Sorrento

Si riaccendono i riflettori sul Vallone dei Mulini e sul processo in corso al Tribunale di Torre Annunziata dove  martedì 21 giugno si tiene la seconda udienza del processo (N.518/20 RG) che vede imputati l'imprenditore sorrentino e consigliere comunale Mariano Pontecorvo, nella qualità di amministratore della "Maccheronificio Srl" e l'arch. Immacolata Mascolo, progettista dell'intervento finito al centro di un'inchiesta giudiziaria per violazioni urbanistiche e paesaggistiche a seguito degli esposti presentati dal WWF Terre del Tirreno e dall'Associazione Vas.

Una vicenda giudiziaria che ripropone una serie di problematiche anche di natura amministrativa inerente il ruolo del Comune di Sorrento che non si è costituito nel giudizio probabilmente a seguito della mancata notifica da parte del Tribunale oplontino. Un'anomalia o un errore che sono stati valutati dall'ufficio legale dell'ente che nell'udienza del 21 potrebbe rappresentarla al giudice monocratico dott.ssa De Simone.

In effetti trattandosi di un procedimento per violazioni in materia urbanistico-paesaggistiche appare scontato il coinvolgimento del Comune viste le funzioni che la legge gli attribuisce in materia di governo del territorio.

La storia del Vallone si trascina da lungo tempo, praticamente da quando i comproprietari eredi della famiglia Mathieu misero in vendita il complesso immobiliare denominato "Vallone dei Mulini" senza che l’Amministrazione comunale, all'epoca guidata dall'Avv. Giuseppe Cuomo, optasse per acquisirla al patrimonio pubblico.

Si registrò invece l'iniziativa di Pontecorvo che acquistò l'intero rudere monumentale e diverse particelle su cui esso insiste per la somma di 300mila euro.

All'epoca l'acquisto non passò inosservato perchè Pontecorvo mise a segno l'operazione pochi giorni dopo essersi dimesso dalla carica di assessore all'ambiente del Comune di Sorrento, circostanza che riempì di polemiche le cronache del tempo.

Il Vallone dei Mulini ha questa denominazione per la presenza in loco di un antico mulino dove, fino ai primi anni del '900, si macinava il grano oltre alla lavorazione del legno nella limitrofa segheria dove nascevano manufatti artigianali di grande pregio e un lavatorio pubblico dove le donne andavano a fare il bucato. Insomma un'area dove ambiente e attività umane convivevano in armonioso equilibrio almeno fino alla metà dell'800 quando le attività si spostarono nella Piazza Tasso e il vallone venne abbandonato.