Avellino

Aveva le chiavi del bagno del Tribunale, lei, Livia Forte. Aveva un controllo così viscerale del Tribunale, aveva una dimestichezza così naturale nel muoversi tra i corridoi del palazzo di Piazza de Marsico che addirittura un testimone in aula alla scorsa udienza, del 20 maggio, afferma: “Avevo visto quella sagoma e quella figura nel Tribunale, poi lì mi sono reso conto che quella persona, che avevo visto più volte durante le Aste, presso la stanza numero 30, era la signora Livia Forte. Era una delle poche donne presenti, oltre agli avvocati. E poi, una cosa che mi ha colpito, era la familiarità con cui trattava con le persone. Quell’Universo Mondo è frequentato da tre persone: gli esecutati, che hanno tutti la stessa faccia; gli avvocati che fanno le questioni e poi coloro che vanno a comprare i beni. Si vedeva che la signora non era un avvocato e non era un testimone. Aveva un atteggiamento di familiarità, di dimestichezza con le persone. Inoltre, come ho detto in udienza, la signora Forte il 21 marzo ha tirato fuori dalla borsa le chiavi del bagno dei dipendenti del Tribunale”.

Un particolare che emerge nel corso della testimonianza sull’autovettura di proprietà di Armando Aprile: “Era una 500 quattro porte con una corona sulle portiere, enorme, con la scritta sotto ‘Aste Immobiliari’ a caratteri cubitali. Io mi ricordo che quando siamo arrivati a casa capivo che era una questione per intimorirle le persone, perché quando si arriva davanti a un’abitazione con una macchina del genere, con una corona color argento oro e la scritta su tutta la fiancata dell’Auto a destra e a sinistra ‘Aste Immobiliari’...”.

Quell’Armando Aprile, braccio destro di Livia Forte, che aveva il ruolo di intimorire gli esecutati: “Guarda, tu sai chi sono io. Tu lo sai, io vengo per nome e conto della signora Livia Forte. Tu sai che è una signora molto aggressiva da un punto di vista economico e da un punto di vista degli acquisti delle abitazioni e così via; quindi, se tu vuoi continuare ad avere i beni o avere la possibilità di fartelo acquistare, devi sapere che devi venire a relazionare con la signora Forte”. 

E arrivati al consueto incontro in pizzeria, a cui spesso sono stati invitati gli esecutati che fossero interessati a non perdere il proprio immobile: “Devi sapere che ci sono delle persone interessate all’acquisto del tuo capannone. E ho detto: Va bene, sta all’asta, pazienza. Loro continuarono: Se tu non vuoi farle partecipare ci vogliono 20.000 euro. Per non far partecipare queste persone e per cercare di entrare nel Tribunale ci vogliono 20.000 euro. Soldi sicuramente destinati ai signori Forte e al signor Aprile”.

Si parla di un “protocollo”, un protocollo che nel momento in cui gli esecutati fossero voluti rientrare in possesso del proprio immobile avrebbero dovuto rispettare: “La loro richiesta era di natura economica. Chiedevano soldi affinché loro non comprassero il bene all’Asta. Mi dissero: Guarda tu sai come funziona, vieni di là e ti metti d’accordo con la signora Livia. Lui (Armando Aprile N.d.R) tirò fuori i soldi: Vedi questo qua? È il protocollo che le persone che vogliono ragionare in un certo modo devono portare avanti”.