Avellino

Nuova udienza in Appello nel processo per la strage del bus. Giovanni Castellucci, ex Ad di Autostrade Per L’Italia, ha rilasciato dichiarazioni spontanee in aula con l'obiettivo di chiarire la sua posizione e quella di ASPI. L’ingegnere, assolto in primo grado e imputato nuovamente in Appello a seguito del ricorso presentato dalla Procura di Avellino, ha iniziato esprimendo, innanzitutto, e nonostante gli anni passati, il suo cordoglio per le vittime dell’incidente avvenuto sul viadotto dell’Acqualonga, ricordando la sua vicinanza ai familiari anche con le iniziative assunte a ridosso della strage.

Il dirigente ha proseguito precisando che la delibera della riqualificazione delle barriere di sicurezza – motivo per il quale è stato incluso tra i responsabili della strage – fu firmata dal Consiglio d’Amministrazione in buona fede e sulla scorta delle indicazioni ricevute dall’ufficio tecnico.

In particolare, la delibera aveva stanziato dei fondi per intervenire nel risanamento delle barriere di sicurezza presenti su tutti i chilometri del tratto autostradale della Napoli-Canosa, comprese le barriere “new jersey” dell’Acqualonga.

I progettisti, pertanto, godevano della massima discrezionalità nello stabilire su quali barriere intervenire e su quali no. La discrezionalità li lasciava liberi di scegliere anche di intervenire su barriere di moderna generazione, come quelle dell’Acqualonga, appunto. E a testimonianza di ciò vi è l’analisi dello storico degli interventi effettuati su tutte le barriere.

La strage poteva essere evitata. Il perito Felice Giuliani, che fu ascoltato in primo grado dal giudice monocratico del Tribunale di Avellino Luigi Buono, attraverso una propria valutazione, aveva riferito che l’impatto del bus sulle barriere laterali Acqualonga fu di striscio ed a una velocità più bassa (89 km/h) di quella stimata (92 km/h). Sostanzialmente, secondo Giuliani, l’incidente poteva essere evitato perché le barriere avrebbero potuto reggere il colpo se i tirafondi non fossero stati corrosi dal sale che, in quella zona autostradale, viene utilizzato in inverno per fronteggiare neve e ghiaccio. In breve, se l’infrastruttura fosse stata sottoposta a manutenzione adeguata e periodica, probabilmente il bus non sarebbe precipitato dal viadotto.   

Il Tribunale di primo grado di Avellino, ricordiamo, attribuì le maggiori responsabilità della strage al proprietario del bus Gennaro Lametta, condannato a 12 anni di reclusione e alla funzionaria della Motorizzazione Civile di Napoli Antonietta Ceriola, condannata a 9 anni. Lametta affidò al fratello Ciro un pullman fatiscente, privo dei documenti di revisione, e assolutamente non in grado di circolare in sicurezza.

Condannati anche i dirigenti di Autostrade per l’Italia Nicola Spadavecchia e Gianluca De Franceschi, a 6 anni di reclusione, Michele Renzi, Paolo Berti, Bruno Gerardi e Gianni Marrone, a 5 anni.

La prossima udienza è prevista per il 17 novembre.